L'arte astratta non rappresenta un soggetto reale, ma ha ugualmente a che fare con la realtà: una grande mostra al Guggenheim Museum di Bilbao raccoglie sessanta anni di ricerche condotte dagli artisti sullo spazio. Un elemento invisibile e inafferrabile, di cui finalmente prendiamo coscienza proprio grazie alle opere che vi entrano in relazione.
Dalla collaborazione tra l’artista basco Eduardo Chillida e il filosofo tedesco Martin Heidegger, nel 1969 nacque un libro d’artista. Proprio questo originale rapporto creativo è alla base di Art and Space, la mostra curata da Manuel Cirauqui in programma al Guggenheim Museum di Bilbao dal prossimo 5 dicembre, che resterà aperta fino ad aprile 2018.
L’esposizione prende a prestito i concetti fondamentali espressi dalla coppia Chillida-Heidegger – temi quali la presenza fisica degli oggetti, o la relazione tra arte e scienza – per tracciare una storia dell’arte astratta negli ultimi 60 anni. La location non poteva che essere il museo progettato da Frank Gehry, che proprio sulla prolifica relazione tra spazi e forme artistiche fonda la sua iconicità.
Attraverso oltre cento opere di fondamentale importanza per la storia dell’arte contemporanea, la mostra illustra le differenti strategie con cui gli autori hanno appunto esercitato con i loro lavori un “dominio dello spazio”; il modo, cioè, in cui i manufatti inseriti negli ambienti riescono a evidenziarne superfici e volumi, entrando in relazione con il contesto attraverso le stesse leggi fisiche dell’equilibrio statico, della gravità, della rifrazione della luce.
Rifiutando di rappresentare soggetti già presenti agli occhi degli spettatori, l’arte astratta riesce così nell’impresa di rendere visibile lo stesso spazio, di cui altrimenti non abbiamo percezione diretta.
Con l’affermarsi delle creazioni site-specific, l’atterraggio dell’uomo sulla Luna, la pubblicazione de Le Cosmicomiche di Calvino e l’uscita di un film come 2001: Odissea nello Spazio, sul finire degli anni Sessanta tutto il panorama culturale sembra in effetti prendere coscienza dello spazio, sia quello prossimo sia quello inconcepibilmente più esteso dell’Universo.
Da Lucio Fontana a Olafur Eliasson, dall’astronomia ai campi magnetici degli atomi, a Bilbao intere generazioni di artisti abbandonano l’antropocentrismo per indagare il “vuoto” inafferrabile in cui siamo calati. E riempirlo d’arte, naturalmente…
[Immagine in apertura: Eduardo Chillida, Advice to Space V (Consejo al espacio V), 1993, Guggenheim Bilbao Museoa]