Le preziose collezioni del museo torinese sono state oggetto di un profondo intervento di riallestimento. Nelle 17 sale i visitatori potranno ora misurarsi con testimonianze artistiche dell'Ottocento e del Novecento non più disposte secondo il precedente ordinamento, strettamente tematico.
Sono tre le “linee di lettura” che caratterizzano l’allestimento con cui la GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino si presenta ai propri visitatori a partire dal 20 dicembre. Abbandonando il criterio espositivo di tipo tematico, il museo del capoluogo piemontese punta ora a focalizzarsi, in maniera più marcata e stringente, sulla storia dell’arte, sulla sua stessa storia e sull’analisi del contesto storico, sociale ed economico di Torino, collocando il panorama cittadino nel quadro degli avvenimenti nazionali e internazionali.
Con la guida della direttrice, Carolyn Christov-Bakargie, la curatela di Virginia Bertone con Fabio Cafagna e Filippo Bosco per l’Ottocento e di Riccardo Passoni con Giorgina Bertolino per il Novecento, il nuovo ordinamento di GAM si riflette immediatamente nella rinnovata gestione degli spazi, articolati in 17 sale.
Nel secondo piano, quello dal quale prende avvio il percorso, i visitatori possono rivivere le atmosfere artistiche che affiancarono la nascita del museo stesso, avvenuta nel 1836, non solo attraverso dipinti e sculture realizzati a cavallo tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. In alcune di queste sale, infatti, l’allestimento stesso ricalca il gusto del passato, come testimonia ad esempio la scelta di alternare i colori rosso e verde per le pareti. Si tratta delle stesse tonalità impiegate da Enrico Thovez nel 1913, anno in cui venne nominato direttore della Galleria Civica. In altre sale, i visitatori potranno invece sperimentare un inedito rapporto con l’arte ottocentesca, attraverso il ricorso a tonalità “caratteristiche della nostra vita attuale“.
Il piano livello è dedicato alle opere eseguite a partire dagli anni Dieci del Novecento e fino alla Pop Art. L’asse temporale si sposta dunque su quanto avvenuto dagli inizi del secondo scorso, con la fertile stagione delle avanguardie, fino agli anni Sessanta. Alle sale “corali” -che raccolgono opere di artisti come Mario Sironi, Carlo Carrà, Alberto Savinio, Giorgio de Chirico, i futuristi Giacomo Balla, Gino Severini, Umberto Boccioni ed Enrico Prampolini – si alternano “stanze monografiche”. Queste ultime sono destinate ai capolavori di Felice Casorati, Arturo Martini, Giorgio Morandi e Filippo de Pisis. Nutrita anche la presenza degli artisti stranieri, tra i quali si segnalano Otto Dix, Francis Picabia, Max Ernst, Paul Klee, Marc Chagall, Pablo Picasso, Hans Hartung, Hans Jean Arp e Andy Warhol.
“Il museo è uno spazio di mediazione culturale nato in Europa alcuni secoli fa e oggi diffuso in tutto il mondo – ha dichiarato Carolyn Christov-Bakargiev a commento dell’allestimento 1863-1965 Storie, Direzioni, Visioni. – In continua trasformazione, per ragioni di trasparenza il museo non può più raccontare in maniera oggettiva una storia universale, ma deve raccontare anche la propria storia, che è situata nel contesto locale in cui si trova”.