Cosa ci fa un Premio Nobel per la Letteratura al Museo Bagatti Valsecchi di Milano? Restituisce, in forma di mostra, le suggestioni che lo stesso luogo gli ha dato e che hanno portato Orhan Pamuk, il celebre autore turco conosciuto a livello internazionale, a scrivere il romanzo intitolato "Il Museo dell'Innocenza" e a creare un museo vero e proprio, aperto nel 2012. Generando così un inedito cortocircuito tra oggetti e persone, Milano e Istanbul, la realtà e l'immaginazione.
Quello immaginato, raccontato e poi persino allestito da Orhan Pamuk, Premio Nobel per la Letteratura nel 2006, è un museo nel museo.
Il Museo dell’Innocenza, infatti, è sia il titolo del romanzo pubblicato nel 2008, sia il nome dell’istituzione creata parallelamente a Istanbul dallo stesso Pamuk, durante la stesura del suo libro: si troverà, a partire dal prossimo 19 gennaio e fino al 24 giugno, a essere parzialmente riallestito in un altro museo, stavolta a Milano.
Ancora, si tratta di un “museo nel museo” perché, per la sua concezione, lo scrittore turco si lasciò suggestionare proprio dal Museo Bagatti Valsecchi, a cui ora Pamuk “restituisce il favore” e soprattutto gli spunti creativi, letterariamente rielaborati e arricchiti.
Di prossima inaugurazione, la mostra Amore, musei, ispirazione. Il Museo dell’innocenza di Orhan Pamuk a Milano, a cura di Lucia Pini e Laura Lombardi, porta infatti nelle sale espositive meneghine ben 29 vetrine dell’allestimento realizzato a Istanbul.
Un’operazione museale, quella condotta da Pamuk, che ha cambiato le carte in tavola tanto per la letteratura – che per una volta ha “generato” un luogo, summa e concretizzazione di una storia di fantasia – quanto per la stessa museografia.
Come spiegato dallo scrittore nel catalogo L’innocenza degli oggetti, “il Museo dell’Innocenza si basa sul presupposto che gli oggetti utilizzati per gli scopi più disparati e che evocano ricordi più diversi, se sistemati uno accanto all’altro, rivelano emozioni mai provate prima e suscitano pensieri del tutto nuovi“.
Diviso in 83 vetrine, una per ogni capitolo del romanzo omonimo, il percorso espositivo del Museo dell’Innocenza non è altro che il racconto alternativo – condotto per oggetti e non per parole – della storia d’amore tra il protagonista Kemal e la bella Füsun. In un continuo gioco di rimandi tra il piano della realtà e quello della finzione, sarebbe stato lo stesso Kemal ad allestire il museo, raccogliendo tutti i “reperti” che testimoniano la sua relazione e la stessa Istanbul tra gli anni Settanta e gli Ottanta, scorcio temporale durante cui si svolge l’intreccio del romanzo.
Allo stesso tempo, essendo il Museo e il libro nati parallelamente e non come conseguenza l’uno dell’altro, la lettura e la visita sono due esperienze autonome, perfettamente comprensibili in sé.
Nel caso della mostra al Museo Bagatti Valsecchi, inoltre, a guidare lo spettatore nel suo percorso sulle tracce di Kamal interviene lo stesso Pamuk, la cui voce narrante viene proposta da alcune installazioni video.
Con un percorso nella storia e nell’immaginazione creativa dello scrittore, Pamuk svela così il particolare legame che unisce il Museo dell’Innocenza alla casa-museo milanese. L’autore non fa infatti mistero di aver più volte visitato quella che fu la residenza dei fratelli Bagatti Valsecchi: un luogo dove si respira ancora lo spirito di chi l’ha abitato, dando vita alla collezione.
“Amo molto questa casa, l’idea e la fantasia che si celano dietro queste mura, mi hanno influenzato molto per il romanzo che sto scrivendo“, aveva anticipato lo scrittore turco nel 2007, proprio riferendosi alla stesura dell’opera ora protagonista della mostra.
Nell’esposizione si intrecciano così richiami tra la fonte di ispirazione e la creazione che, derivata, a sua volta oggi va a cambiare l’assetto del luogo originario. Rendendo impossibile – e forse anche poco interessante – distinguere tra originale e copia, vero e falso, oggetto e idea, realtà e finzione.