18 Febbraio 2018
La grande mostra che inaugurerà martedì 20 febbraio a Barcellona, presso la Fundación MAPFRE - Casa Garriga Nogués, promette di rendere giustizia alla sensibilità artistica di Brassaï. Più che un reporter, il Maestro dell'obiettivo è stato il cantore di una Parigi come non si era mai vista in fotografia fino a quel momento.
Dopo aver vissuto in Transilvania – essendo nato nella città di Brașov, in Romania – e poi a Budapest e Berlino, nel 1924 un giovane 25enne di nome Gyula Halász giunge a Parigi. Il nome potrà non dirvi niente, perché passerà alla storia con lo pseudonimo di Brassaï; un nome, quello d’arte, strettamente legato alla capitale di Francia.
Per tutti gli anni Trenta, difatti, Brassaï fa di Parigi il suo soggetto d’elezione.
Difficile comprendere, al giorno d’oggi, quanto fosse una sfida – tecnica ed estetica – ritrarre all’epoca la metropoli dalle mille luci per eccellenza, la città dove di giorno splendevano i colori della società contemporanea e di notte l’illuminazione artificiale di strade e locali: la fotografia aveva meno di 100 anni, l’elettricità aveva soppiantato i lampioni a gas da ancora meno tempo, la pellicola a colori era ancora di là da venire.
Eppure, la Parigi di Brassaï è vibrante, contrastata e dinamica come i suoi soggetti, che in prima battuta saranno furtive coppie di amanti, avventori dei locali notturni e surreali scenari urbani rilucenti di bagliori umidi. Paris de Nuit, il primo libro di Brassaï pubblicato nel 1932, sancisce il successo del fotografo e del suo longevo rapporto con la Ville Lumière.
La grande mostra che inaugurerà martedì 20 febbraio a Barcellona, presso la Fundación MAPFRE – Casa Garriga Nogués, vuole appunto rendere giustizia alla sensibilità artistica – più che di reporter – propria della fotografia di Brassaï.
Attraverso 11 sezioni tematiche – e una speciale selezione di copie originali del magazine d’avanguardia Minotaure – sarà possibile così ripercorrere la carriera di uno dei massimi Maestri dell’obiettivo, che è sì partito da lavori su commissioni – Brassaï pubblicava le sue fotografie su riviste e pubblicazioni dell’epoca – ma ha preso precorso quello che sarebbe diventato un vero e proprio genere, la street photography.
Andando oltre lo stile documentaristico, ma senza mai imitare i modelli dell’arte classica come facevano i fotografi-artisti del suo tempo, Brassaï sviluppa un linguaggio fotografico che è il perfetto equivalente visivo della vita moderna di Parigi: sincopata, fatta di luci e ombre, dove un dettaglio balza alla coscienza in un turbinio di stimoli che fanno da sfondo. In una parola, la sua fotografia darà inizio a una vera e propria mitologia della città contemporanea.