A distanza di 280 e 270 anni dal loro ritrovamento, le città di Ercolano e Pompei restano tra i siti archeologici più importanti - e visitati - al mondo. La straordinaria diffusione nel mondo della loro scoperta, attraverso lettere, incisioni e poi fotografie, viene ripercorsa da una mostra a Chiasso, in Svizzera.
Da Giovanni Battista Piranesi ai fratelli Alinari, per quasi tre secoli il ritrovamento – e le successive scoperte con le campagne di scavo – dei siti archeologici di Ercolano e Pompei è stato negli occhi e nelle menti degli artisti.
Come dar loro torto? Per quanto siano passati rispettivamente 280 e 270 anni dalla scoperta delle due città antiche, sepolte nel 79 d.C. dalla più devastante eruzione del Vesuvio che la Storia ci ha tramandato, resta straordinaria anche per noi contemporanei la possibilità stessa di camminare attraverso le strade, osservare residenze e affreschi rimasti intatti dall’epoca romana a oggi.
Da questa domenica, 25 febbraio, e fino al 6 maggio, il m.a.x. museo di Chiasso (in Svizzera) ospiterà una mostra che si concentra non tanto sui reperti archeologici in sé, quanto appunto sulla straordinaria influenza esercitata nella cultura visiva dal Settecento ai primi anni del XX secolo.
Ercolano e Pompei: visioni di una scoperta ripercorre la storia dei due ritrovamenti, tra i più importanti al mondo per la loro entità e unicità, tracciando la diffusione della notizia della scoperta nel mondo attraverso lettere, taccuini acquerellati, incisioni, disegni, gouache, fotografie e gli stessi reperti.
Si comincia per esempio con il grande studioso della classicità J.J. Winckelmann, che nel suo epistolario riportava la descrizione dei primi ritrovamenti sporadici, mentre nel 1762 già si commentano gli scavi veri e propri. Nel coro di voci della Storia avremo modo di “ascoltare” anche le parole di Goethe e quelle di Stendhal, dato che già da fine Settecento – e a maggior ragione nel secolo seguente – Ercolano e Pompei diventano una tappa obbligata del Grand Tour.
I taccuini di schizzi e disegni dal vero, spesso densi di annotazioni, iniziano a fare il giro del mondo e danno vita a un’intensa attività di pubblicazioni specialistiche e di incisioni (come le acqueforti di Giovanni Battista e Francesco Piranesi).
Si giunge quindi al Novecento, quando la tecnica fotografica “liberalizza” l’immagine delle due città romane: il nascente fenomeno del turismo popolare, di massa, fa di Ercolano e Pompei “luoghi da cartolina”.
[Immagine in apertura: Bassorilievo di un Corteo bacchico, da Ercolano, Museo Archeologico Nazionale, Napoli]