Dipinti di Guttuso, Schifano, Rotella, Scialoja; fotografie di Letizia Battaglia; disegni originali relativi al progetto urbanistico per Gibellina Nuova: sono queste alcune delle opere che ricordano il dramma del terremoto del Belìce, in un racconto che prende avvio dalla cronaca delle primissime ore dopo il sisma che sconvolse la Sicilia e l'Italia intera.
Tra le pagine di storia che la Sicilia – e l’Italia intera – non possono dimenticare, senza dubbio rientra anche quella legata al devastante terremoto del Belìce. Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, un violento sisma sconvolse le province di Trapani, Agrigento e Palermo, causando la perdita di centinaia di persone e gravissimi danni al patrimonio edilizio e infrastrutturale.
Fino al 13 marzo, la Fondazione Sant’Elia di Palermo ospita Pausa sismica. Cinquant’anni dal terremoto del Belìce. Vicende e visioni, una mostra che intendere riannodare i fili della memoria, in occasione appunto del cinquantenario del tragico evento.
Curato dalla Fondazione Orestiadi e coprodotto dalla Fondazione Sant’Elia, in collaborazione con il Comune di Gibellina, il progetto espositivo impiega una pluralità di medium artistici per ricostruire il dramma del terremoto e gli inevitabili mutamenti che lo seguirono. Snodandosi attraverso sezioni tematiche, la mostra procede dalla cronaca fino al processo di ricostruzione, presentando anche il progetto urbanistico per Gibellina Nuova e i bozzetti del Grande Cretto di Burri.
La narrazione intercetta pittura, scultura, teatro, foto, video, poesia, musica, architettura e installazioni contemporanee, riunendo – tra le altre opere – gli scatti dei fotografi come Brai, Giaramidaro, Minnella, Scafidi; i video d’epoca; il reportage di Letizia Battaglia nella baraccopoli; i dipinti di Guttuso, Schifano, Rotella, Scialoja; i frammenti di scenografie di Pomodoro, Paladino, Consagra, Isgrò per le Orestiadi e molto altro ancora.
[Immagine in apertura: Melo Minnella, Gibellina, 1968]