Poeta, pittore e scultore, attore teatrale e cinematografico: Remo Remotti è stato tutto questo, ma anche molto di più. A raccontare la vita di un autore "dotato di un’umanità straripante" sono i registi, i familiari e i colleghi che l'hanno conosciuto, in un documentario proiettato al MAXXI di Roma e in arrivo su Sky Arte HD.
“Se vuoi essere libero, non c’è epoca o latitudine che tenga“: non conosceva compromessi Remo Remotti, artista eclettico e irriverente divenuto col tempo l’idolo delle nuove generazioni dell’undeground romano.
Il pubblico del MAXXI ha avuto modo di conoscerlo – o ricordarlo – questa sera, 7 febbraio, grazie alla proiezione del documentario Ho rubato la marmellata, diretto da Gioia Magrini e Roberto Meddi, che racconta appunto la vita di un artista “politicamente scorretto”.
Ad accompagnare i ricordi personali di Remotti, tratti da filmati realizzati dallo stesso regista Roberto Meddi nel corso degli anni, il documentario si avvale delle testimonianze dello scrittore Michele Serra, del critico d’arte Gianluca Marziani, del drammaturgo e regista Giampiero Solari, dell’attore e regista Massimiliano Bruno, nonché di quelle della moglie di Remotti, Luisa Pistoia, e della figlia Federica.
Il lungometraggio – che andrà in onda su Sky Arte HD a giugno – nel susseguirsi di aneddoti e testimonianze introduce anche gli stessi spettacoli teatrali e i concerti dal vivo di Remotti, restituendo la figura a tuttotondo di un personaggio costantemente sopra le righe, nella vita come nell’arte.
Passato attraverso fughe in Perù e ricoveri in manicomio, l’amata-odiata Roma degli anni Cinquanta e il ’68 a Berlino, Remo Remotti non si è mai arreso a condurre un’esistenza “dettata” dalle convenzioni sociali, ripartendo dopo ogni esperienza in una nuova direzione; per cercare di arrivare ogni volta un po’ più vicino a se stesso. Una ricerca che lo condurrà a sperimentare in diverse discipline, dalle arti visive al teatro fino al cinema, con registi come Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Francis Ford Coppola.
A spingere i registi nella realizzazione di questo documentario, però, è soprattutto la coscienza che “l’artista feroce e provocatorio fino al paradosso conosciuto dal grande pubblico” fosse “un uomo pieno di amore per il prossimo“, come l’hanno conosciuto gli stessi autori. Che hanno così voluto raccontare “il percorso di un uomo spiritoso e geniale, talvolta irriverente e feroce, ma capace di grandi generosità, dotato di un’umanità straripante che lo ha reso indimenticabile a tutti quelli che abbiano avuto la fortuna di conoscerlo“.