Se lo sviluppo dell'intelligenza artificiale è argomento di attualità stringente, è pur vero che la progettazione e l'utilizzo di "macchine pensanti" ha già alle spalle una storia decennale. In cui anche gli artisti hanno dato un notevole contributo.
Dopo la seconda guerra mondiale, i progressi tecnologici hanno conosciuto un’accelerazione senza precedenti nella storia dell’umanità. Se fino a quel momento i computer – e i loro programmatori – erano impiegati in ambito esclusivamente militare, nel giro di pochi anni cominciarono a comparire negli istituti di ricerca e poi nelle imprese, tanto nell’industria manifatturiera quanto in quella delle comunicazioni.
E se vi dicessimo che i computer hanno fatto la loro comparsa – e rapidamente! – anche nell’arte contemporanea? È quanto dimostra l’esposizione Thinking Machines: Art and Design in the Computer Age, 1959 – 1989, in corso presso il MoMA – Museum of Modern Art di New York fino al prossimo 8 aprile.
Due gli approcci scelti dai curatori della mostra – Sean Anderson, del Dipartimento di Architettura e Design, e Giampaolo Bianconi, Dipartimento Media e Performance Art – che rispecchiano le rispettive aree di interesse.
Da una parte, l’evento ripercorre la storia stessa dell’informatica, attraverso una serie rappresentativa di computer fabbricati – a cominciare da quelli Olivetti – e loro componenti. All’excursus tecnologico si affianca poi la produzione artistica, a opera di quegli autori visionari che, davanti a calcolatori utilizzati per eseguire procedure e risolvere problemi complessi, si ingegnarono perché queste macchine arrivassero a “pensare”. O, quantomeno, aiutassero la società a pensare – e pensarsi – secondo nuovi processi creativi, proiettando il presente direttamente nel futuro.