La più grande agenzia fotogiornalistica al mondo viene celebrata al Museo dell'Ara Pacis, con una retrospetttiva che ripercorre le tappe salienti di 70 anni di reportage in tutto il mondo.
Se si volesse ripercorrere la storia internazionale degli ultimi 70 anni attraverso la lente della fotografia, senza dubbio il contributo offerto dei grandi autori dell’agenzia Magnum Photos sarebbe estremamente rilevante. Proprio per questo, la retrospettiva ospitata fino al 3 giugno prossimo al Museo dell’Ara Pacis di Roma può essere annoverata tra gli appuntamenti espositivi di maggior interesse nella Capitale, tra quelli in corso in questo periodo.
Aperta al pubblico il 7 febbraio, Magnum Manifesto. Guardare il mondo e raccontarlo in fotografia ripercorre l’epopea della principale agenzia fotogiornalistica del mondo, attraverso un rinnovato atteggiamento di ricerca all’interno del suo archivio.
Articolato secondo tre aree tematiche – 1947–1968: “Human Rights and Wrongs”; 1969–1989: “An Inventory of Differences”; 1990–2017: “Stories about Endings” – il percorso espositivo comprende oltre 250 stampe fotografiche, centinaia di immagini proiettate e più 130 oggetti, come pubblicazioni su libri e riviste, cui vanno a sommarsi video e documenti d’archivio raramente presentati in occasioni pubbliche.
Opera dopo opera, a farsi largo sono le scene immortalate e consegnate all’eternità da alcuni dei grandi nomi della fotografia internazionale – Henri Cartier Bresson, Robert Capa, Elliott Erwitt, Joseph Koudelka, Sergio Larrain, Susan Meiselas, Wayne Miller, Martin Parr, Alessandra Sanguinetti, Alex Webb, solo per citarne alcuni -, autori che hanno contributo a far entrare il nome Magnum nella leggenda.
Tra i lavori selezionati per questo appuntamento espositivo si segnalano il reportage sui lavoratori immigrati negli USA, opera di Eve Arnold risalente agli anni Cinquanta; i ritratti di “famiglia” di Elliott Erwitt; le immagini degli zingari di Josef Koudelka; la serie di immagini di Paul Fusco all’interno del Funeral Train, il convoglio che nel 1968 trasportò la salma di Robert Kennedy verso il cimitero di Arlington.
Non mancano, infine, i nuovi autori che stanno documentando la scena contemporanea; è il caso di Cristina Garcia Rodero, di Martin Parr, presente con le sue celeberrime “osservazioni antropologiche”, o di Paolo Pellegrin, cui si devono le toccanti fotografie scattate lungo le rotte dei migranti, nel Mar Mediterraneo.
[Immagine in apertura: Elliott Erwitt: New York, 1953 © Elliott Erwitt/Magnum Photos/Contrasto]