Due stanze, entrambe fedeli riproduzioni di ambienti vissuti e che delle rispettive storie sono evidente testimonianza, si trovano al centro di due mostre appena inaugurate a Palazzo Fortuny. Da una parte, abbiamo un'indagine degli anni in cui Zoran Music tornò alla vita dopo il dramma della seconda guerra mondiale; dall'altra, una grande mostra ripercorre la genesi e le peculiarità di una vastissima collezione italiana, quella di Giuseppe Merlini.
La stagione primaverile viene inaugurata a Palazzo Fortuny, una delle sedi museali più suggestive di Venezia, con un doppio evento. Aperte ufficialmente lo scorso 24 marzo, due mostre accompagneranno turisti e appassionati d’arte fino all’estate, precisamente al 23 luglio.
La prima delle due rassegne è un sentito omaggio alla figura di un artista, Zoran Music, che proprio con Venezia ha intessuto un profondo legame (suo è l’acquerello in apertura, risalente al 1948). Come scrive Jean Clair, “al termine dei suoi viaggi, delle sue tribolazioni, degli orrori vissuti dopo Duino, dopo la Spagna dopo Dachau è a Venezia che ritorna Music, negli anni Cinquanta per trovarvi il suo rifugio, la sua dimora, come l’uomo preistorico sistemava la sua caverna. Un rifugio dopo tanto errare per tornare a rivedere gli amici ridere e amare la vita“.
Nella città lagunare, la mostra La Stanza di Zurigo. Omaggio a Zoran Music trasferisce – come suggerito dal titolo – un intero ambiente, un esempio di “arte totale” che l’autore realizzò nei pressi della città svizzera decorando il seminterrato di una villa, su commissione delle sorelle Charlotte e Nelly Dornacher. Mosaici parietali, cinque composizioni su tela di lino, arredi sono stati trasportati dalla sede originale, che da anni versava in condizioni di incuria, proprio a Palazzo Fortuny: la stanza diviene così il fulcro di una rassegna – curata da curata da Daniela Ferretti e promossa dalla Fondazione Musei Civici di Venezia, con il sostegno della Charlotte und Nelly Dornacher Stiftung – che riunisce inoltre una selezione di opere datate tra il 1947 e il 1953. Anni in cui Music, dopo l’esilio e l’esperienza drammatica del campo di concentramento, torna appunto a riscoprire la vita, complice la solare Venezia.
Un’altra stanza – quella “del collezionista” – è in effetti al centro della seconda mostra in programma fino a luglio a Palazzo Fortuny. Curata anch’essa da Daniela Ferretti, con Francesco Poli, la collettiva altro non è che una selezione di opere e autori tratti da Una Collezione Italiana, come indica il titolo dell’esposizione.
Si tratta infatti del vasto lascito culturale di Giuseppe Merlini, che iniziò a creare la sua raccolta negli anni Sessanta e Settanta, sviluppando “il suo interesse da un lato verso i grandi protagonisti ormai storicizzati del ‘900, e dall’altro verso le tendenze del dopoguerra, con un’attenzione costante anche agli sviluppi più attuali. In questo modo il suo progetto si è definito nel tempo come un tentativo riuscito di delineare un percorso (ben meditato e culturalmente fondato) tale da documentare con esempi significativi quasi tutti gli aspetti salienti dell’arte italiana“, come ben ha spiegato Francesco Poli.
Non a caso, la mostra presenta una nutrita serie di sezioni che costituiscono altrettanti capitoli della storia dell’arte nazionale: Metafisica e Novecento italiano; Realismo sociale e esistenziale; L’Astrattismo geometrico e il MAC; La stanza del collezionista (Wildt, Fontana, Melotti); Le tendenze dell’Informale (Gruppo degli Otto, Spazialismo, Movimento Nucleare, Ultimi Naturalisti); Omaggio a Morlotti; Il gruppo Azimuth e le tele strutturate; la Pittura Analitica.
Per quanto onnicomprensiva, la Collezione Merlini resta comunque il risultato di una serie di scelte qualitativamente notevoli, compiute dal collezionista sempre in accordo con il proprio gusto personale. A informare la raccolta c’è quindi una storia individuale, che ben traspare appunto dalla “stanza” cui accennavamo: la riproduzione di un ambiente di casa Merlini, arredi compresi, “che riflette maggiormente le passioni del Collezionista. Che ha voluto riunire, in questa stanza, una sequenza spettacolare di opere di Fontana, accanto alla “Madre” di Wildt, opera che lo scultore tenne per se stesso, e a due capolavori assoluti di Melotti, tra cui Teorema“, come illustato dalla curatrice della collezione, Mariella Gnani.