La pittura di Antonio Ligabue in mostra a Genova

4 Marzo 2018

Antonio Ligabue, Volpe in fuga, s.d. (1948), olio su tavola di faesite, 60 x 75 cm, Reggio Emilia, collezione privata

Autore di una pittura che unisce colori e paesaggio ad atmosfere immaginifiche, ispirate al mondo quotidiano ma rilette da una creatività non convenzionale, Antonio Ligabue è al centro della mostra antologica allestita fino al primo luglio a Genova, negli ambienti di Palazzo Ducale.

Curata da Sandro Parmiggiani e Sergio Negri, la retrospettiva riunisce 80 opere che spaziano dai dipinti alle sculture, dalle incisioni ai disegni e che mettono in luce i due nuclei tematici principali attorno a cui prende forma la poetica di Ligabue: gli animali ‒ domestici e selvaggi ‒ e gli autoritratti.

Gli animali domestici sono calati da Ligabue in una atmosfera agreste, in cui fanno capolino i territori della Bassa reggiana, dove l’artista visse dal 1919 alla morte, avvenuta nel 1965, mescolati ai paesaggi della natia Svizzera. Gli animali selvatici ‒ tigri, leopardi, volpi, aquile ‒ rivelano invece tutta la potenza espressionista di Ligabue e il suo interesse per gli elementi decorativi reiterati.

Gli autoritratti diventano strumento per veicolare una perenne condizione di angoscia e smarrimento, facendo sì che l’occhio dello spettatore si focalizzi sul volto e sullo sguardo di Ligabue, i quali occupano la quasi totalità del dipinto, sullo sfondo di paesaggi spesso anonimi.
Come sottolinea il curatore Sandro Parmiggiani, “questi autoritratti dicono tutta la sofferenza dell’artista; ne sentiamo quasi il muto grido nel silenzio della natura e nella sordità delle persone che lo circondano. Quando perduta è ogni speranza, ormai fattasi cenere, il volto non può che avere questo colore scuro, fangoso, questa sorta di pietrificazione dei tratti che il dolore ha recato con sé e vi ha impresso”.

[Immagine in apertura: Antonio Ligabue, Volpe in fuga, s.d. (1948), olio su tavola di faesite, 60 x 75 cm, Reggio Emilia, collezione privata