Tra le voci più talentuose provenienti dalla Cina, noto per le opere nelle quali ha fatto ricorso a un sofisticatissimo camouflage, il fotografo cinese è in mostra al Complesso del Vittoriano fino al primo luglio.
Sette sezioni tematiche e oltre 70 opere: questi i “numeri chiave” di Liu Bolin. The invisible man, prima grande antologica italiana dedicata all’artista cinese, classe 1973, noto con l’appellativo, appunto, di “uomo invisibile”. Una definizione strettamente legata alle sue sorprendenti opere fotografiche, nelle quali la sua stessa figura è al centro di complesse operazioni di camouflage.
La mostra capitolina, aperta dal 2 marzo all’1 luglio negli spazi espositivi dell’Ala Brasini, al Complesso del Vittoriano, ricostruisce la sua produzione per intero, dagli esordi fino ai lavori più recenti; in anteprima mondiale, vengono inoltre presentati gli scatti realizzati alla Reggia di Caserta e al Colosseo, con i quali l’artista rende omaggio, a suo modo, all’Italia.
Curata da Raffaele Gavarro e organizzata da Arthemisia, in collaborazione con Galleria Boxa, Liu Bolin. The invisible man consente di penetrane in profondità nella filosofia dell’autore, ricostruendone il profilo a partire dall’acclamata serie di debutto Hiding in the City, del 2005.
Grazie all’ormai distintiva capacità di combinare di pittura, installazione, performance e fotografia, Bolin lancia uno sguardo acuto sul presente, incoraggiando a riflettere sulle inevitabili connessioni e sui conflitti tra la storia e il progresso.
Ripercorrendo le tappe del suo “Gran Tour”, una sorta di “viaggio immaginario” che dalla Cina lo ha condotto fino all’Italia, dopo essersi “nascosto” anche nei luoghi simbolo di città come Londra, Parigi, New York, Nuova Delhi e Bangalore, la retrospettiva punta a restituire tutta la complessità del suo lavoro.
Lungo le rotte internazionali, Liu Bolin diventa infatti esploratore – neutrale ma consapevole – di luoghi, ma anche osservatore di temi cruciale del nostro tempo: dalla frenesia del consumismo, indagata nelle opere della collezione Shelves, alla questione dell’immigrazione, con le fotografie presentate lo scorso anno a Palermo, alle quali è dedicata un’intera sezione.
Nel percorso espositivo, infine, una specifica attenzione è riservata alle – altrettanto affascinanti – collaborazioni che l’artista ha sviluppato con aziende internazionali. È il caso delle immagini create per le campagne pubblicitarie dei principali marchi di moda italiani e francesi, che intendono ricordare come “l’arte sia sempre strettamente intrecciata con la realtà, in tutta la sua complessità e contraddittorietà“.