Addio a Tom Wolfe, lo scrittore de “Il falò delle vanità”

15 Maggio 2018


Scrittore, giornalista, saggista, critico d’arte: pochi autori hanno saputo raccontare in modo così diretto, e in così tanti stili, la società statunitense e quella occidentale nel corso del Novecento.
Tom Wolfe – Thomas Kennerly Wolfe Jr – che si è spento oggi, 15 maggio 2018, all’età di 87 anni, ha lasciato alla letteratura non soltanto dei magnifici brani, ma addirittura un genere – il New Journalism – che ha visto in lui e molti altri scrittori contemporanei, come Truman Capote, uno dei maggiori iniziatori. Wolfe ha tenuto a battesimo (è sua la definizione, nata nel 1973) un format giornalistico che non soltanto racconta i fatti, ma dà loro una narrazione coinvolgente: all’insegna di una verità che comprenda anche il coinvolgimento, sia dei protagonisti (mostrandone il lato umano, oltre i dati statistici ed anagrafici) sia del lettore.

Radical Chic fu un’altra definizione geniale coniata da Wolfe, nel corso di un ricevimento a Manhattan nel 1970, organizzato dalla moglie di Léonard Bernsteinm, musicista, per sostenere le Pantere Nere. In Radical chic. Il fascino irresistibile dei rivoluzionari da salotto, l’autore ne fa un resoconto articolato e dettagliato, passato alla storia per la capacità con cui seppe descrivere quella parte di società che – stando sempre alle sue parole, riportate in un’intervista su Repubblica – promuoveva il “progressismo da limousine, vale a dire una sinistra che si è ampiamente liberata di qualsiasi empatia per la classe operaia americana. Una sinistra che adora l’arte contemporanea, si identifica in cause esotiche e nella sofferenza delle minoranze ma disprezza i rednecks (bifolchi ndr) dell’Ohio. […] In pratica quella parte operaia della popolazione che, storicamente, ha sempre costituito il midollo del partito democratico“.

Tra i libri più famosi che portano la firma di Tom Wolfe figura sicuramente Il falò delle Vanità, del 1987, che attraverso un presunto fatto di cronaca nera mette in scena le tante ambizioni che muovono i personaggi di una famelica, spietata New York degli anni Ottanta.
Wolfe ha scritto molto anche di arte: risale al decennio precedente The Painted Wold (1975), in cui si lancia in una critica accorata all’arte di avanguardia; tradotto in Italia con il titolo Come ottenere il successo in arte, è un racconto smaliziato delle dinamiche del mondo dell’arte, ancora attuale. Wolfe non trascurò di scrivere – e criticare, naturalmente – sul tema dei musei e dell’architettura. Famoso From Bauhaus to our house, in Italia tradotto come Maledetti Architetti! dove se la prende con i progettisti che, dando vita all’International Style disumano e coloniale, fatto di ferro, vetro e cemento, avrebbero reso le persone tristi, in “scatoloni” noiosi e scomodi.