Nella dimensione architettonica del Sepolcreto della Ca' Granda, recentemente aperto al pubblico, a partire dal 25 maggio prossimo riecheggerà l'intesa opera video "Pulse" dell'acclamata artista iraniana. In un suggestivo allestimento, attraverso un percorso di luce e vita.
C’è tempo fino al 15 settembre per visitare, all’Archivio Storico e Sepolcreto della Ca’ Granda di Milano, la personale dell’artista iraniana Shirin Neshat. Recentemente riaperto al pubblico, questo spazio espositivo è stato ritenuto particolarmente adatto ad accogliere un particolare progetto dell’autrice originaria di Qazvin.
L’opera in questione è il video Pulse, capace di mettere in evidenza “la tensione verso il contemporaneo e la nuova energia creativa che avvolge Milano” e di innescare un confronto-dialogo con la dimensione spaziale del Sepolcreto, risalente al XV secolo. L’iniziativa, resa possibile dal Gruppo MilanoCard – attivo da un triennio sul fronte dell’apertura e della gestione di monumenti chiusi o poco noti del capoluogo milanese – e da Ar.Se – il Percorso dei Segreti – associazione no profit che punta a condurre l’arte e gli artisti al di fuori degli spazi canonici dei musei – segue un “doppio registro”. Il percorso, infatti, prevede sia la visita all’installazione di Shirin Neshat, sia quella alle sale capitolari, divenute sede dell’Archivio Storico della Ca’ Granda.
L’opera Pulse concede agli spettatori l’opportunità di accedere negli spazi privati della camera di una donna, ovvero di penetrare in una sorta di “cripta femminile”.
Il titolo fa riferimento alla pulsazione di una musica trasmessa da una radio; è, anzi, proprio il suono a “guidare” il movimento della videocamera all’interno dello spazio privato. Si tratta della voce di Sussan Deyhim, che ripropone in forma di nenia i versi scritti dal poeta mistico del XIII secolo Rumi sul tema dell’imprigionamento degli esseri umani legati alla vita materiale terrena.
Al termine del brano, anche la presenza della videocamera muta, avviandosi verso l’uscita dalla stanza.
Pulse è solo una delle video installazioni realizzate dall’artista iraniana negli ultimi 20 anni. A partire dal debutto alla regia, nel 1998, e dopo l’incontro con la filmmaker iraniana Shoja Azari, Shirin Neshat ha infatti realizzato numerose opere impiegando questo medium. Rientrano nella sua produzione la trilogia sul ruolo dei generi nella mentalità e nella società islamica – che include Turbulent (1998), Rapture (1999) e Fervor (2000) – e il film drammatico Donne senza uomini, con il quale ha vinto il Leone d’Argento per la migliore regia alla 66. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.