Uno degli scrittori più acclamati del panorama contemporaneo si è spento all’età di 85 anni. I suoi romanzi, da “Pastorale americana” a il “Lamento di Portnoy”, hanno aggiunto importanti capitoli alla storia della letteratura americana recente.
Sta facendo il giro del mondo la notizia della morte di Philip Roth, nome di punta della scena letteraria statunitense e non solo. Scomparso all’età di 85 anni in seguito a un’insufficienza cardiaca, come confermato dal suo agente Andrew Wylie, lo scrittore lascia dietro di sé una lunga storia di successi, grazie allo stile diretto e pungente con cui ha affrontato temi di grande attualità.
Originario di Newark, nel New Jersey, Roth discendeva da una famiglia ebrea emigrata dall’Europa e sono proprio le sue vicende familiari la base di partenza per un’osservazione critica del presente e dell’identità americana, indagata nelle sue tante sfumature sull’onda di un realismo senza mezzi termini.
Gli esordi di Roth risalgono al 1959, anno di pubblicazione di Addio Columbus, ma bisogna attendere il 1969 per la consacrazione al successo, con l’uscita del Lamento di Portnoy. Dieci anni più tardi, fra le pagine de Lo scrittore fantasma fa la sua comparsa Nathan Zuckerman, alter ego di Roth che lo accompagnerà nel tempo e nelle opere successive. Nel 1997, uno dei suoi romanzi più celebri, Pastorale americana, gli valse il Premio Pulitzer, primo capitolo della trilogia composta da Ho sposato un comunista e La macchia umana.