La Collezione Peggy Guggenheim fa da cornice a una mostra che evoca lo stretto legame fra l’artista tedesco e il Messico, a partire dallo studio delle architetture precolombiane.
Mette in luce aspetti poco noti della pratica creativa di una personalità cardine del Novecento la mostra Josef Albers in Messico, allestita, fino al 3 settembre, presso la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.
A finire sotto i riflettori è infatti il rapporto tra l’arte di Albers e le architetture precolombiane, che l’artista ebbe modo di studiare durante i suoi frequenti viaggi in Messico.
Già ospite del Guggenheim Museum di New York, la rassegna porta in Laguna una selezione dei dipinti giovanili di Albers, raramente esposti; opere su carta e un denso corpus di fotografie e foto-collage, molti dei quali mai presentati al pubblico, che Albers realizzò in occasione delle sue visite ai siti archeologici messicani, fin dagli anni Trenta.
Abile sperimentatore di tecniche differenti ‒ dalla pittura all’arte murale, dall’incisione all’architettura ‒ Albers scelse soprattutto la fotografia per immortalare i siti archeologici messicani e sudamericani in genere, dando vita a suggestivi scatti in bianco e nero raffiguranti piramidi, templi e santuari poi raggruppati in immagini multiple e stampati su fogli di cartone, nel solco della serialità che caratterizza il suo intero lavoro.
I collage ispirati all’arte precolombiana rappresentano un essenziale punto di riferimento per le geometrie astratte delle tele di Albers e fanno da apripista alla riscoperta delle antiche tradizioni, osservate dagli artisti contemporanei con un rinnovato senso critico.
[Immagine in apertura: Josef Albers, Study for Sanctuary, ca. 1941–42, The Josef and Anni Albers Foundation]