Una figura femminile, malata, riposa nell'Impluvium della Triennale. Attorno a lei, si affaccendano personaggi che non comunicano, restando chiusi nelle loro enigmatiche, minime azioni. Cosa vuole suggerirci Diego Marcon, con questo intervento artistico realizzato per la sua prima mostra personale in un'istituzione italiana? Costringendo lo spettatore a "completare il quadro" mettendo in gioco la propria esperienza personale, il giovane autore sollecita una difficile riflessione sulla nostra condizione esistenziale.
Classe 1985, per la prima volta il lavoro artistico di Diego Marcon è al centro di una mostra personale all’interno di un’istituzione, nello specifico La Triennale di Milano.
Video artista per gran parte della sua ricerca precedente, per l’occasione Marcon ha deciso invece di superare i confini dello schermo per popolare lo spazio dell’Impluvium della Triennale, trasformandolo in una “camera silenziosa e perturbante“, come l’ha definita il curatore Edoardo Bonaspetti.
Pure se ancora piuttosto giovane, Diego Marcon non è lo stesso un autore “leggero”: i suoi personaggi sono “esausti” e la condizione umana è “miserabile”, come recita il sottotitolo della mostra – in corso a partire da oggi, 20 luglio, fino al 26 agosto.
Ed ecco appunto che i “miserabili” di Diego Marcon popolano l’ambiente espositivo, pur rimanendo chiusi in se stessi: “isolate e nella penombra, quasi le si volesse tenere al riparo da sguardi inopportuni, le figure si offrono allo spettatore in un luogo di contemplazione“, anticipa sempre Bonaspetti.
E proprio l’ambivalenza della scena e delle azioni in cui sono colti i personaggi permette allo spettatore di “introdursi” nell’ambiente fittizio e immedesimarsi, completando il quadro parziale di informazioni con la propria esperienza.
Ecco così che proprio il non visibile, il non detto, ciò che non è nell’immagine ma è poco oltre, permette a Diego Marcon di sollecitare una risposta nell’osservatore; farlo giungere al suo stesso limite, pensando (o vivendo, emotivamente) la propria condizione esistenziale in un’ottica appunto esterna, appena al di fuori del flusso continuo di esperienze che è la vita stessa.
[Immagine in apertura: Diego Marcon, Il malatino, 2017. Film 16mm, colore, senza sonoro, loop. Prodotto da AMACI – Associazione Musei Arte Contemporanea Italiani. Courtesy l’artista e AMACI]