Collaboratore e amico intimo di Michelangelo Buonarroti, il pittore cinquecentesco Daniele da Volterra è l'autore del dipinto appena acquisito dagli Uffizi: a tema religioso, rappresenta il profeta Elia in una posa meditativa, intima. Coniugando le forme ardite e "muscolari" di Michelangelo e le istanze morali della Controriforma, il capolavoro cinquecentesco rappresenta un importante momento di spartiacque nell'evoluzione dell'arte italiana sullo scorcio del periodo rinascimentale.
Negli ultimi tempi, le Gallerie degli Uffizi stanno vivendo un periodo di grande fermento. Dopo aver presentato il radicale rinnovamento degli allestimenti di due delle più importanti sale del museo fiorentino – la sala ospitante il celebre Tondo Doni di Michelangelo e, più di recente, quella che raccoglie ben tre capolavori di Leonardo da Vinci – è notizia di questi giorni l’acquisizione di un ulteriore capolavoro, firmato da Daniele da Volterra.
Il dipinto Elia nel deserto – risalente agli anni Quaranta del Cinquecento – è entrato così a far parte delle collezioni degli Uffizi, la cui direzione l’ha acquistato dai conti Pannocchieschi d’Elci, arricchendo ulteriormente il già nutrito corpus di opere di artisti italiani del Rinascimento maturo.
Difficile non notare l’influenza sullo stile di Daniele da Volterra del suo amico e Maestro, lo stesso Michelangelo Buonarroti: il dispiegamento di membra muscolose e perfettamente tornite, la scelta di sottoporre a torsione il soggetto per conferirgli una prospettiva ardita, la palette cromatica accesa e timbrica sono tutti elementi già introdotti nell’arte cinquecentesca dal genio michelangiolesco, attraverso le volte della Cappella Sistina e la parete del Giudizio Universale a Roma.
A sua volta artista maturo e originale, Daniele da Volterra declina gli insegnamenti dell’amico nel nuovo clima culturale, quello della Controriforma. Il capolavoro si pone quindi come un intervento pioneristico, uno spartiacque tra l’umanesimo rinascimentale e la piega più raccolta e intimistica dell’arte del secondo Cinquecento. A dimostrare questa nuova tendenza è la scelta di rappresentare il profeta in meditazione: un’iconografia rara, in cui il pane e la brocca di vino acquisiscono ancora una volta tutto il loro valore simbolico, rappresentando il sacramento dell’Eucarestia.
A spiegare definitivamente il valore di questo quadro all’interno della storica collezione di opere degli Uffizi è stato lo stesso direttore, Eike Schmidt: “Con la nuova sala di Michelangelo da poco inaugurata, il tempismo dell’acquisto del capolavoro di Daniele da Volterra non potrebbe essere migliore. Infatti, nei nuovi spazi dedicati alla pittura del Cinquecento, che in questo momento stiamo preparando, l’Elia nel deserto avrà un posto d’onore accanto alla Strage degli Innocenti (1557) già ab antiquo nelle collezioni medicee, anch’esso una rarità tra i dipinti su tavola o tela pervenutici – meno di dieci – della mano del maestro, amico carissimo di Michelangelo, la cui gravitas scultorea egli interpreta in maniera esemplare.”