Un periodo complesso e irto di contrasti, in cui al progressismo delle idee si affianca l'incertezza economica: è il decennio della Repubblica di Weimar, per la Germania di fatto un momento di apparente quiete prima della tempesta, ovvero dell'ascesa al potere di Hitler. Come percepivano gli artisti i grandi cambiamenti sociali di quegli anni? Una mostra alla Tate Modern di Londra approfondisce precisamente il cambio di paradigma che, proprio in quel momento, si verificò anche nelle arti visive...
Dal prossimo 30 luglio, e per un intero anno, la Tate Modern di Londra ospiterà una grande mostra a ingresso gratuito, dedicata a quel periodo storico – e alla relativa espressione artistica – definito “della Repubblica di Weimar”. Un decennio tanto complesso quanto paradossale, per la Germania, che dal 1919 al 1933 – anno del tragico avvento del nazismo al potere – conobbe sia una politica liberale e antimilitarista, che andava però di pari passo con una crescente incertezza economica e sociale.
Opere appartenenti alla collezione della Tate e altri capolavori – alcuni dei quali mai esposti in Gran Bretagna – in prestito dalla George Economou Collection permetteranno di restituire agli occhi del visitatore il particolare contesto storico che portò una netta transizione nell’arte, dall’espressionismo tedesco a una rappresentazione fredda, inquieta e inquietante.
Se al definizione di Realismo Magico si associa ormai alla letteratura dell’America Latina, in realtà fu coniata proprio per le arti visive tedesche, a opera del critico Franz Roh nel 1925 che ravvisò un “nuovo realismo” nelle rappresentazioni della società: intelligente e quindi capace di cogliere ogni aspetto del tormentato paesaggio urbano, ma allo stesso tempo carico di emozioni e tensioni sotterranee, indicibili.
La Germania era allora reduce dal primo conflitto mondiale, che aveva comportato la caduta dell’Impero: nel contesto del collasso economico e anche di qualunque ordinamento sociale conosciuto fino ad allora, Berlino si guadagnò la reputazione di capitale della decadenza in cui stava scivolando la Germania.
Proprio il dinamismo della città, senza freni e tabù sociali, è un tema a lungo esplorato da grandi Maestri del periodo quali Otto Dix, George Grosz e Max Beckmann. Nell’esposizione londinese saranno in buona compagnia, affiancati da autori purtroppo trascurati dalla critica successiva, come Albert Birkle, Jeanne Mammen e Rudolf Schlichter, la cui fama soccombette principalmente a causa della conquista del potere da parte del nazismo, che bollò un periodo così ricco e variegato come semplicemente “depravato”.
[Immagine in apertura: Albert Birkle, The Acrobat Schulz V, dettaglio, 1921, The George Economou Collection © DACS 2018]