Una giovane vittima della seconda guerra mondiale, i suoi fratelli e le sue sorelle dispersi in diversi nuclei familiari, un'inaspettata riunificazione a distanza di 70 anni: sono gli elementi della vera storia di Jo Corbey, il bambino che Werner Bischof ritrasse in una fotografia nel 1945.
Negli scorsi giorni, sul sito ufficiale dell’agenzia Magnum Photos è stato pubblicato un post davvero interessante. Racconta infatti il retroscena di una fotografia – per la precisione il ritratto di un bambino il cui volto è stato sfigurato dalla guerra – che Werner Bischof scattò in Olanda nel 1945. Di più, lo stesso testo spiega come proprio questa immagine, ora esposta nella grande mostra dedicata al fotogiornalista dal Museum Bellpark di Kriens (Svizzera), sia riuscita a incidere sulla vita di alcune persone, ancora ai nostri giorni.
Ma andiamo con ordine. Tra il 1945 e l’anno seguente, Werner Bischof viaggiò attraverso diversi Paesi europei, per testimoniare con le sue fotografie gli effetti devastanti della seconda guerra mondiale.
Giunto nella città olandese di Roermond, il reporter vide tra gli altri un ragazzino dal volto deturpato: “una faccia a brandelli, cicatrici blu-violacee da proiettili shrapnel, un occhio di vetro”, annota Bischof nel suo diario di viaggio. Lo ritrasse in uno scatto a colori, con una Devin Tricolour Camera che utilizzava tre diversi negativi con aggiunta di filtri cromatici.
Nel maggio del 1946, la rivista Du Magazine scelse di pubblicare proprio il ritratto del bambino in copertina, per un numero semplicemente – e drammaticamente, visto il contenuto del reportage – intitolato Immagini d’Europa.
Proprio per giustificare una scelta così d’impatto, in seguito alle critiche ricevute per una simile “mancanza di gusto”, l’editore della rivista diede alle stampe una lettera in cui si spiegava come il contenuto di quel numero non fosse che “una piccola selezione delle oltre 2mila immagini scattate da Werner Bischof” e che, insomma, quella fosse la dura realtà per i bambini di tutto un continente.
Solo decenni dopo il figlio di Werner, Marco Bischof, riuscì a identificare il nome del ragazzino. Successe grazie a una mostra, organizzata nel 2011, proprio nelle vicinanze di Roermond: Gerrit Corbey riconobbe in quel ritratto il suo fratello gemello, Jo.
Gerrit raccontò che un mese prima che quello scatto fosse realizzato, nell’ottobre del 1945, lui e i suoi fratelli e sorelle erano stati divisi, avendo perso la madre in un incidente, andando a vivere presso membri diversi della famiglia.
Non si sarebbero rivisti che 70 dopo, proprio grazie all’esposizione organizzata dall’erede di Werner Bischof. Seppure Jo Corbey era ormai deceduto – all’età di 20 anni, a causa di quelle stesse ferite riportate durante la guerra – la sua storia ricevette infatti grandissima attenzione da parte dei media, riuscendo così a fungere da punto di contatto e riavvicinamento dei fratelli separatisi.
Una storia, quella della famiglia Corbey, che secondo Marco Bischof dimostra perfettamente come “la fotografia può ancora favorire il cambiamento nella vita reale“, a dispetto di tutte le decadi che possono passare.
[Immagine in apertura:
Original contact sheet. Netherlands. 1945