Oltre settanta dipinti, dieci opere su carta e sette sculture: è di notevole estensione, la prima retrospettiva che Padova dedica ad Antonio Ligabue, al via al Musei Civici agli Eremitani. Per la prima volta, insieme alle opere, vengono presentati anche diversi documenti originali, relativi alla vicenda biografica dell'artista.
Il rapporto con l’autoritratto, gli animali selvaggi e domestici, il lavoro dei campi: sono questi i temi al centro di Antonio Ligabue. L’uomo, il pittore, la mostra che fino al 17 febbraio 2019 indaga la figura e la carriera di uno dei più complessi artisti del Novecento. Nato a Zurigo nel 1899 e scomparso a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia, dove era arrivato in seguito all’espulsione dalla Svizzera, l’artista fu segnato da un’infanzia e un’adolescenza nel segno dell’emarginazione – a nove mesi la madre lo affidò a una famiglia adottiva – e dalle difficoltà che si susseguirono nel corso della vita adulta.
Nel disegno risultò dotato fin da bambino e si avvicinò alla pittura sul finire degli anni Venti del Novecento: trascorsero lunghi anni perché potesse esporre alla sua prima personale, organizzata a Gonzaga, in occasione della Fiera millenaria del 1955. Nell’impossibilità di vivere grazie alla sua arte, Ligabue fece lo scariolante sulle rive del Po. Negli anni Sessanta, in seguito alla mostra allestita alla Galleria La Barcaccia di Roma del 1961, una nuova luce iniziò a illuminare il suo percorso, attirando l’interesse di collezionisti, critici e storici dell’arte dopo anni di indifferenza e, persino, di derisione. L’antologica padovana, curata da Francesca Villanti e Francesco Negri, riunisce più di 60 dipinti, 10 opere su carta e 7 sculture. Associata a un catalogo edito da Skira, è arricchita da una quarantina di documenti originali, dedicati alla vicenda biografica dell’autore italo-svizzero, che vengono presentati per la prima volta in questa occasione.
[Immagine in apertura: Antonio Ligabue, Il pifferaio, s.d. (1943-1945), olio su tavola di compensato]