Tecnologie innovative, nuove tecniche e soluzioni logistiche, materiali più attenti alle esigenze del pianeta: stiamo davvero vivendo nelle nostre case così come avevano immaginato architetti e designer del passato, nelle loro pionieristiche visioni? La nuova mostra del Design Museum di Londra analizza l'abitare domestico in profondità.
In attesa delle tre grandi mostre annunciate per il prossimo biennio (l’indagine sulla relazione tra Stanley Kubrick e il design del Regno Unito; la retrospettiva sull’architetto ghanese naturalizzato britannico Sir David Adjaye; Moving to Mars, che analizzerà le sfide progettuali legate alla “conquista” del Pianeta Rosso), il Design Museum di Londra accoglie Home Futures.
Curata da Eszter Steierhoffer e Justin McGuirk, aperta fino al 24 marzo 2019, la mostra si articola in sei sezioni tematiche – Living Smart, Living on the move, Living autonomously, Living with less, Living with others e Domestic Arcadia – allo scopo di offrire risposte esaustive a un preciso interrogativo: stiamo davvero vivendo nel modo in cui architetti e designer di un tempo avevano previsto, oppure l’idea di casa si è dimostrata impassibile dinanzi ai cambiamenti della società?
Per esplorare questo vasto tema, all’interno dell’allestimento immersivo progettato dalla studio d’architettura newyorkese SO-IL – in collaborazione con i graphic designer di John Morgan Studio – i visitatori si troveranno di fronte a più 150 pezzi, tra oggetti ed “esperienze”.
Opere di Ettore Sottsass, Joe Colombo, Superstudio, Archigram, Alison e Peter Smithson, Hans Hollein, Jan Kaplicky e Dunne & Raby e di progettisti dei giorni nostri permetteranno al tema dell’abitare domestico di essere scandagliato in profondità, facendo anche emergere dati e prospettive raccolti dal colosso IKEA, nel suo report annuale Life at Home.
Da questo rapporto, esito di ricerche basate su migliaia di visite a domicilio che approfondiscono le esigenze e le aspirazioni quotidiane delle persone, emergono soluzioni e modi per aiutare concretamente a risolvere le piccole e grandi sfide legate alla quotidianità: dall’abitare in spazi sempre più ridotti o compatti, fino alle potenzialità del “vivere nomade”, in larga parte ancora da sperimentare.
La sezione Domestic Arcadia, in particolare, mette in discussione l’approccio funzionalista alla casa analizzando visioni alternative: se le forme organiche, evocative del paesaggio naturale, fossero in grado di fornire molto più di una semplice ispirazione ai designer?
A supporto di questa tesi, vengono presentati mobili e interni concepiti da alcuni degli autori legati al movimento Radical Design italiano – tra cui Pietro Derossi, Michele De Lucchi e Gaetano Pesce – in un confronto attivo con progettisti contemporanei come i fratelli Bouroullec.
[Immagine in apertura: Ugo La Pietra, La Casa Telematica, 1983. Courtesy of Archivio Ugo La Pietra, Milano]