Una mostra che sta per inaugurare a Palermo racconta della rivoluzione attuata in campo medico-psichiatrico, e soprattutto sociale, dallo psichiatra Franco Basaglia. Che riuscì a far chiudere i manicomi e restituire dignità e il diritto di essere "umani" ai pazienti affetti da disturbi mentali. Un'impresa cui presero parte anche gli artisti, da Letizia Battaglia a Gianni Berengo Gardin.
Il Natale è la celebrazione di un evento mistico che però ha luogo nelle più umili delle condizioni – bisogno, povertà, isolamento sociale – in cui, anzi, la divinità decide di farsi umano tra gli umani, con tutte le fragilità che contraddistinguono la nostra esistenza.
In quest’ottica, pare quindi assolutamente sensato che, alla vigilia delle festività di quest’anno, inauguri a Palermo Una mostra per i 40 anni della Legge Basaglia. Il prossimo 22 dicembre a Palazzo Ajutamicristo apre infatti i battenti l’esposizione La condizione umana, curata da Helga Marsala e realizzata dalla Soprintendenza palermitana.
La cosiddetta Legge Basaglia, approvata dal Parlamento italiano il 13 maggio del 1978, nasceva proprio da una considerazione diversa – empatica, innanzitutto non ostracista – delle persone affette da disagi e malattie mentali.
Come ben spiegato dalla curatrice, “La legge che mise fine all’esistenza dei manicomi nasceva da una rivoluzione che fu anche e soprattutto politica e filosofica dal momento che provò a ridefinirei concetti di marginalità e differenza, a spezzare la logica dell’emarginazione di classe, a mutare la percezione che la società aveva dei pazienti e la natura dei luoghi in cui questi venivano confinati“.
E lo stesso Franco Basaglia – psichiatra, neurologo, saggista, direttore degli ospedali psichiatrici di Gorizia, Colorno, Trieste, affiancato dalla moglie Franca Ongaro – nel corso di una conferenza in Brasile del 1979, dichiarava con lucida chiarezza le basi ideologiche da cui aveva inizio la sua rivoluzione: “In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla. Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere, perché fa diventare razionale l’irrazionale. Quando qualcuno è folle ed entra in un manicomio, smette di essere folle per trasformarsi in malato. Diventa razionale in quanto malato“.
È chiaro, alla luce di queste dichiarazioni, che gli effetti della Legge Basaglia siano stati ben più articolati della – già notevole – chiusura dei manicomi: si trattava di ripensare la società in un senso più inclusivo, pur ragionando sulle diversità e sulle esigenze di coloro che fino a quel momento erano stati “rifiutati”.
Per questo, il rivoluzionario psichiatra fece appello anche agli artisti, perché entrassero nei manicomi e ne mostrassero la realtà; perché ne abbattessero i muri, portando la condizione invisibile degli internati proprio sotto gli occhi di tutti. Da questa richiesta di aiuto nasce appunto la mostra in programma a Palermo – fino al 31 marzo 2019 – che ha recuperato le visioni originali, pittoriche e fotografiche, i film e i progetti installativi, i testi poetici e le inchieste giornalistiche degli autori che raccolsero l’invito di Basaglia e fecero propria la sua rivoluzione.
In questo “esercito di talenti che incontrano le battaglie di medici, infermieri, operatori sanitari“, per citare la definizione dell’Assessore dei Beni Culturali Sebastiano Tusa, incontriamo nomi prestigiosi quali Letizia Battaglia, Gianni Berengo Gardin, Uliano Lucas, Massimiliano Carboni & Claudia De Michelis, Bruno Caruso, Fare Ala, Carla Cerati, Luciano D’Alessandro, Christian Fogarolli, Stefano Graziani, Eva Koťátková, Federico Lupo, Domenico Mangano & Marieke van Rooy, Enzo Umbaca, Franco Zecchin.
[Immagine in apertura: Letizia Battaglia, Via Pindemonte, Ospedale Psichiatrico – Palermo – 1983. Courtesy l’artista]