Venti modelli di sedute ripercorrono l’evoluzione culturale di un arredo considerato oggi emblema del "design democratico", ma a lungo simbolo di potere. Fino al 17 febbraio 2019 a Weil am Rhein, in Germania.
Se si volesse raccontare la storia del design a partire da una “categoria chiave” come quella delle sedute, quale ritratto si delineerebbe?
La mostra Seats of Power, in corso al Vitra Schaudepot di Al Weil am Rhein fino al 17 febbraio 2019, pone l’accento sul significato simbolico associato per secoli alla sedia e agli arredi da essa derivati, soffermandosi sulla loro capacità di incarnare il potere politico e religioso. Curata da Heng Zhi, la rassegna ricorre a un numero ristretto di esemplari – 20 selezionati pezzi – per raccontare l’evoluzione di un oggetto e, in parallelo, del suo ruolo.
A balzare agli occhi, prima di tutto, è una circostanza non trascurabile: le origini delle moderne sedie, infatti, risalgono ai troni dell’antichità, poiché per lungo tempo questo tipo di “comodità” era riservata a sovrani e altre figure di rilievo della società. Solo nel XIX secolo, con l’affermarsi della borghesia e, soprattutto, con l’avvento delle produzioni industriali, si compie il passaggio fondamentale che rende finalmente accessibile e popolare questo arredo, oggi presenza imprescindibile dello spazio domestico e negli ambienti di lavoro.
Attingendo alla collezione permanente del museo tedesco, la rassegna conduce idealmente i visitatori in alcuni dei più celebri palazzi del potere, illustrando come dettagli ed elementi costitutivi delle sedie siano stati capaci di incarnare principi di potere. La “conquista” della sedia, dunque, equivale anche all’avvento di una società ispirata a principi democratici di equità e partecipazione.
Nel percorso di visita, contraddistinto dalla presenza di fotografie di interni nei quali i pezzi scelti sono stati concretamente impiegati, si possono riconoscere esemplari speciali. Tra questi, la Chaise de Garde, creato dall’ebanista belga Jean-Joseph Chapuis intorno al 1802, commissionata da Napoleone per il Laeken Castle di Bruxelles e ispirata all’Antica Roma; il trono papale progettato per Papa Giovanni Paolo II in occasione della visita a Zagabria, avvenuta nel 1994, contraddistinto da uno schienale dritto e alto e dalla postura rigida e formale; la JH501, un modello in legno, dal design moderno e sobrio capace di simboleggiare uno stile politico più modesto e popolare, utilizzata nel corso del “leggendario” dibattito televisivo tra John F. Kennedy e Richard Nixon nel 1960. Scelta per il Women20 Summit di Berlino, la poltrona Jongerius attirò l’attenzione quando fu usata da Angela Merkel, Christine Lagarde e Ivanka Trump nel corso di una tavola rotonda.
Non mancano, infine, i “grandi classici del design”, come la Barcelona Chair progettata da Ludwig Mies van der Rohe per il Padiglione tedesco all’Esposizione Internazionale di Barcellona del 1929; la Lounge Chair di Charles e Ray Eames, datata 1956; l’evergreen Egg Chair di Arne Jacobsen, risalente al 1958; la sedia DIY di Enzo Mari, del 1974, solo per citare alcuni modelli.
[Immagine in apertura: Alessandro Mendini, Untitled, Poltrona di Proust (designed 1978) © Vitra Design Museum, photo: Jürgen HANS www.objektfotograf.ch]