Una carriera tra design, architettura ed exhibition design: Mario Bellini è uno dei grandi protagonisti della scena architettonica nazionale. Dopo il debutto milanese, la mostra che ripercorre quasi sei decenni della sua prolifica attività è approdata a Mosca, come prima tappa di un tour mondiale.
Se si volesse raccontare la carriera dell’architetto e designer italiano Mario Bellini solo a partire da alcuni semplici numeri, risulterebbe difficile non stupirsi. Vincitore per 8 volte del Compasso d’Oro – un record fin qui ineguagliato; direttore di Domus per 6 anni – dal 1986 al 1991; presente nella collezione permanente del MoMA di New York con ben 25 opere; disegnatore di 100 macchine da ufficio per Olivetti, tra il 1962 e il 1992: Bellini è uno dei grandi protagonisti della scena architettonica italiana, la cui notorietà si estende da decenni oltre i confini nazionali.
Non è dunque un caso che dopo il debutto alla Triennale di Milano, la retrospettiva Mario Bellini. Italian Beauty, curata dal direttore del Design Museum di Londra Deyan Sudjic – con Ermanno Ranzani, consulente per l’architettura, e Marco Sammicheli per il design – abbia intrapreso un tour in tutto il mondo.
Mosca è la prima tappa di questo itinerario; nella capitale russa l’esposizione sarà visitabile fino al 13 aprile, nello spazio espositivo “Ruina” all’interno del Museo di Architettura A.V. Ščusev di Mosca.
Il percorso espositivo, che si avvale di un progetto di allestimento curato dall’architetto Dario Curatolo, ripercorre quasi sei decenni di produzione di Bellini, mostrando la natura trasversale della sua carriera, dando conto degli intrecci tra design, architettura ed exhibition design.
La scelta di intraprendere questo itinerario proprio in questo periodo non è casuale. Sono infatti trascorsi poco più di 30 anni dalla mostra che ha segnato la consacrazione a livello internazionale del progettista: nel 1987, infatti, il MoMA di New York invitò Bellini a progettare una mostra sul proprio lavoro come designer. Un incarico che, prima di lui, avevano ricevuto solo Ray e Charles Eames.
“Perché “Italian Beauty”? – ha affermato l’architetto, classe 1935, in merito alla mostra. – La bellezza ha in sé una forza eversiva e salvifica che spesso trascuriamo, forse perché noi italiani ne siamo costantemente circondati. In quasi sessant’anni di lavoro, tra design e architettura, e di viaggi in giro per il mondo mi sento di poterlo affermare con il distacco sufficiente.”
[Immagine in apertura: Mario Bellini, Department of Islamic Arts of Louvre, photo by Philippe Ruault]