Una vita straordinaria quella di Leonardo da Vinci, artista e scienziato per il quale Firenze costituì una "vera e propria stella polare", nonostante i periodi trascorsi lontano dalla città. Una mostra a Palazzo Vecchio indaga questo legame, a partire da una selezione di fogli del Codice Atlantico.
A 500 anni dalla scomparsa di Leonardo da Vinci, non poteva mancare un grande progetto espositivo promosso dal Comune di Firenze. Curata da Cristina Acidini, la mostra Leonardo da Vinci e Firenze. Fogli scelti dal Codice Atlantico analizza il rapporto intercorso tra il genio toscano e la città d’arte per antonomasia in uno dei luoghi simbolo – ieri come oggi – della fiorentinità, Palazzo Vecchio.
A partire dal 29 marzo una selezione di 12 carte vergate da Leonardo, provenienti dalla veneranda Biblioteca Ambrosiana di Milano, saranno esposte nella Sala dei Gigli. L’opera alla quale appartengono, il celeberrimo Codice Atlantico, è composta da 1119 fogli, sui quali sono impressi scritti e disegni di Leonardo da Vinci.
Restaurato nel 2008, questo fondamentale documento grafico è stato da allora al centro di 24 mostre, oltre ad aver ispirato ricerche e pubblicazioni curate da studiosi internazionali.
La scelta compiuta in occasione di questo appuntamento espositivo intende favorire un’analisi del complesso rapporto tra l’artista-scienziato e la città stessa, dimostrando come indipendentemente dalla presenza fisica di Leonardo a Firenze il suo “ingegno eccelso, poliedrico e dispersivo” non abbia mai smesso di dedicare attenzioni e pensieri a questo luogo.
Visitabile fino al 24 giugno, la mostra riunisce infatti alcuni dei fogli del Codice Atlantico nei quali sono presenti richiami a Firenze, in modo tale da consentire al visitatore di addentrarsi “nei profondi meandri del Labirinto, anziché indicarne l’uscita“. L’obiettivo è quello di cogliere le molteplici sfaccettature di questa relazione, esaminandola in un arco temporale relativo non solo agli anni della formazione – avvenuta, come noto, nella bottega fiorentina del Verrocchio.
Il percorso di visita, inoltre, include un’unica opera non su carta. Si tratta di un dipinto, proveniente anch’esso dalla Pinacoteca Ambrosiana cui è stato donato nel 2013, attribuito a Gian Giacomo Caprotti, detto Salaino.
Raffigura il Busto del Redentore e con la sua presenza intende aprire un nuovo fronte di riflessione sulla produzione leonardesca, con l’auspicio di favorire ulteriori studi e riflessioni.