Quanto sarebbe stata inesorabilmente più povera l'arte mondiale, senza il contributo degli artisti rifugiati? In collaborazione con l’International Rescue Committee, il Metropolitan Museum of Art di New York riflette su questo aspetto con un'iniziativa interessante.
A New York, il Metropolitan Museum of Art ha scelto di aderire alla Giornata internazionale del rifugiato con un progetto che illustra i contributi degli artisti che hanno conosciuto questa condizione in prima persona.
Che cosa avrebbe perso l’intera collettiva senza il loro contributo? Perché è tanto importante, anche in questa fase storica, tenere accesi i riflettori su questo tema?
Queste le premesse teoriche di un’iniziativa il cui primo atto è stata una “scelta forte”: per ben tre giorni – dal 17 al 20 giugno, ovvero il World Refugee Day – The Lovers, il dipinto eseguito da Marc Chagall tra il 1913 e il 1914, è rimasto esposto senza poter essere visibile, ovvero coperto con da un telo che ne occultava la superfice.
Di origini russe, Chagall è stato uno dei 1.500 rifugiati fuggiti dalla Francia nel 1941 in grado di trovare riparo all’estero grazie all’azione di quella che sarebbe diventata l’IRC – International Rescue Committee.
Inoltre, sia al The Met Fifth Avenue che al The Met Breuer, le opere d’arte create dai rifugiati sono state segnalate da etichette gialle identificative. I visitatori sono stati invitati a condividerne sui social network foto e immagini, impiegando l’hashtag #WorldRefugeeDay.
Fino al mese di giugno 2020, infine, resterà visitabile l’installazione tematica Home Is a Foreign Place: Recent Acquisitions in Context, che riunisce opere eterogenee – dipinti, sculture, installazioni e video, realizzati tra il 1944 e il 2016 – ispirate proprio ai temi dell’ identità e dei confini nazionali.