Fino al 6 ottobre prossimo, le sale affrescate del Piano nobile di Villa Giulia a Roma, sede del Museo Nazionale Etrusco, accolgono una mostra che rifletta sui momenti più intensi dell'esistenza a partire dalle tradizioni dell'antica civiltà italica.
Sono quattro le istituzioni che hanno lavorato insieme, grazie a un accordo di collaborazione, in occasione della mostra Il Ciclo della vita. Nascere e rinascere in Etruria. Si tratta del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, che dal 13 giugno è sede di questa rassegna, della Fondazione “San Camillo-Forlanini”, del Museo di Storia della Medicina e del Polo Museale dell’Università di Roma “Sapienza”.
L’antica civiltà che popolò l’Italia – prima dell’ascesa dei Romani – viene questa volta esaminata da un peculiare punto di osservazione, legato all’analisi dei momenti salienti dell’esperienza di vita.
La nascita e la morte, al pari degli altri passaggi esistenziali importanti – la malattia, la vecchiaia, la gravidanza – presso gli Etruschi erano connessi a specifici riti e cerimonie, nonché all’adozione di oggetti ritenuti sacri. Scandagliando le tradizioni etrusche secondo tale ottica, è possibile recuperare una pluralità di racconti, di pratiche, di suggestioni, di produzioni di interesse storico e artistico.
Da queste premesse prende avvio la mostra a Villa Giulia, che fino al 6 ottobre prossimo consente di conoscere uno specifico aspetto del mondo etrusco-italico e di comprendere la profonda attualità di questi temi rispetto ai giorni nostri. Ieri come oggi, infatti, le polarità della vita – la nascita e la morte – si fondevano con i temi della malattia e della vecchiaia.
In particolare, alla natalità era assegnato un posto di assoluto rilievo, come confermato dall’ampia gamma di rappresentazioni degli uteri in terracotta tipiche degli Etruschi, in grado di testimoniare anche il livello di conoscenza raggiunto in ambito anatomico.
Alle divinità ci si rivolgeva con continuità nell’arco della propria esistenza, con l’auspicio di una cura dai dolori, per assicurare la fertilità umana, per garantire la fecondità dei suoli. Speciali doni venivano offerti per proteggere la maternità in tutte le sue fasi; analogamente si procedeva sui fronti della fertilità, maschile e femminile, e dell’unione coniugale.
Nel percorso espositivo, infine, si fa luce anche sulle azioni intraprese nel tentativo di rendere concreti i “sogni comuni” a varie generazioni di essere umani: l’eterna giovinezza o la ricerca dell’immortalità erano alcuni dei soggetti raffigurati in decine di vasi, giunti fino a noi.
[Immagine in apertura: Teste di statue votive in terracotta di bambini in fasce da Vulci, deposito votivo di Porta Nord IV-III sec. a.C.]