30 Giugno 2019
Per la sua stessa natura tecnica, la fotografia necessita di luce. È per questo, forse, che gli scatti di Sergio Scabar colpiscono l'attenzione dello spettatore: seppure illuminati e chiaramente distinguibili dallo sfondo, gli oggetti delle sue recenti nature morte sono resi in una infinita serie di sfumature scure. Rendendo l'immagine una paradossale estensione della "camera oscura" in cui è stata sviluppata.
Fino al prossimo 13 ottobre, Palazzo Attems Petzenstein a Gorizia ospiterà la mostra Oscura camera (1969-2018) di Sergio Scabar, organizzata da Erpac (Ente regionale per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia) e a cura di Guido Cecere e Alessandro Quinzi. Si tratta di una prima italiana, perché mai prima d’ora nel Belpaese era stata dedicata una mostra antologica all’artista che ha fatto della fotografia il suo strumento d’indagine.
Quasi 300 scatti, in un percorso espositivo che segue un criterio cronologico, ripercorrono la carriera di Scabar, in cui si distinguono principalmente due fasi: a un primo periodo più vicino al reportage, tutto vissuto in esterni, segue dagli anni Novanta una riflessione più sperimentale e di certo audace.
Già nei suoi reportage, in effetti, Scabar si era distinto per un particolare approccio alla narrazioni per immagini: realizzava serie di fotografie, in cui l’inquadratura rimaneva fissa e a scorrere erano persone e oggetti. A questo periodo appartiene il lavoro condotto nel 1976, per esempio, all’interno di un ospedale psichiatrico.
La svolta concettuale avviene nei decenni successivi, fino a giungere alla “ossessione” di Scabar per il “taglio” della fotografia, intesa sia come inquadratura sia proprio come ritaglio della stampa fotografica. Ad attirare l’attenzione del fotografo sono quindi gli oggetti, il loro aspetto materico indagato attraverso il “silenzio” della luce.
Arriverà così a sviluppare una tecnica di ripresa e stampa molto particolare, per la quale è diventato famoso, che rende tutte le sue ultime opere – sempre in esemplari unici – inconfondibili per le loro tonalità: le nature morte sono sì illuminate, ma vengono rese in una gamma cromatica scura, tra il testa di moro e il nero.