L'arte di Remo Bianco è stata spesso guidata dalla tendenza a raccogliere e catalogare frammenti del presente. Una grande retrospettiva al Museo del Novecento di Milano punta i riflettori sul suo ricco percorso artistico.
Tra gli artisti più multiformi e sperimentali del secondo Novecento, Remo Bianco è stato un pittore e scultore italiano audace come pochi, capace di attraversare tecniche e stili con piglio onnivoro e anticipatore. A questo “ricercatore solitario” – come amava definirsi – e autore prolifico, il Museo del Novecento di Milano sta dedicando un’importante mostra.
Curata da Lorella Giudici e aperta fino al 6 ottobre, Remo Bianco – Le impronte della memoria ripercorre la vita e il lavoro dell’artista, raccogliendo oltre settanta dipinti e sculture esemplificative del suo lungo percorso creativo.
Disposte negli spazi dell’ultimo piano del museo, vi sono alcune delle opere più rappresentative dell’autore milanese: dalle Impronte – calchi in gomma di oggetti comuni realizzati nei primi degli anni Cinquanta – alla serie delle Testimonianze – frammenti di oggetti quotidiani racchiusi in bustine di plastica allineate. E poi ancora i Collages, le opere 3D e i Quadri Parlanti – tele sul cui retro sono posizionati amplificatori che emettono frasi dell’artista registrare e rivolte allo spettatore. Un percorso lungo e cangiante, che abbraccia circa quarant’anni di ricerca artistica tra le più originali del secolo scorso.
[Remo Bianco, 3D – Senza titolo, 1970 ca. Collezione Koelliker – via Artribune.com]