Il mondo dell’arte italiana piange la scomparsa di uno dei suoi capisaldi. Ettore Spalletti è morto all’età di 79 anni, lasciando un vuoto incolmabile nella storia creativa contemporanea.
Le sue opere parlano la lingua del colore, declinandone sfumature e intensità in composizioni rigorose, ma dalla spiccata carica evocativa. Punto di riferimento per lo sviluppo della storia artistica novecentesca, Ettore Spalletti ha contribuito a scriverne importanti capitoli, trovando nella propria terra natale – l’Abruzzo – una inesauribile fonte di ispirazione.
In questi minuti a dominare le cronache è la notizia della scomparsa dell’artista originario di Cappelle sul Tavo, in provincia di Pescara, luogo che Spalletti non ha mai smesso di scegliere come dimora e come sfondo di una attività creativa all’insegna dello studio cromatico ma anche della geometria, dei volumi e di un dialogo mai sopito con lo spazio.
La materia pittorica ha rappresentato per Spalletti la grammatica di un linguaggio in grado di trasformare i supporti in organismi “vivi”, capaci di staccarsi dal muro e di conquistare una autonomia, fisica e percettiva, destinata a ritmare la fruizione dell’opera.
Protagonista della recente monografica allestita presso Villa Paloma, in Costa Azzurra, Spalletti è stato anche la voce narrante del documentario firmato da Alessandra Galletta: una lunga intervista – unita alle testimonianze di colleghi e amici del calibro del critico Germano Celant e della gallerista Lia Rumma ‒ che ripercorre gli ultimi tre anni di carriera dell’artista e che sarà proiettato a Firenze, nell’ambito dello Schermo dell’arte Film Festival, il prossimo novembre.
[Immagine in apertura: Ettore Spalletti, photo credit Azzurra Ricci, via Artribune]