Arte e ornamento. A Reggio Emilia una mostra sul senso del “bello”

18 Novembre 2019


Il dilemma tra arte e decorazione ha appassionato per secoli, spesso ponendo gli artisti di fonte a un bivio cavilloso: fare arte per puro piacere estetico, oppure cimentarsi in una pratica per così dire “impegnata”? Ma soprattutto, quel è il confine tra le due sfere – ammesso che le due cose siano davvero separate?

Arriva oggi in soccorso all’annosa questione un nuovo progetto espositivo, ospitato fino al prossimo 8 marzo nelle sale di Palazzo Magnani e dei Chiostri di San Pietro di Reggio Emilia – questi ultimi sede del Ritratto di giovane donna del Correggio, in mostra dal Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo.

IL GUSTO DEL BELLO

Curata da Claudio Franzoni e Pierluca Nardoni, What a wonderful world. La lunga storia dell’Ornamento tra arte e natura porta sotto i riflettori un ricchissimo corpus di opere d’arte, tutte mirate a indagare i territori della “decorazione”, intesa non come fenomeno di ornamentale fine a sé stesso, ma come sintomo della nostra quotidiana esigenza di provare piacere di fronte “bello”.

In soccorso al tema del progetto, duecento esemplari tra disegni a sfondo naturalistico, dipinti e oggetti realizzati da alcuni tra i maggiori protagonisti dei manuali d’arte ‒ da Albrecht Dürer a Leonardo da Vinci, da William Morris a Koloman Moser a Keith Haring.

Provenienti da collezioni private e da istituzioni museali di tutto il mondo ‒ tra le quali il Victoria & Albert Museum di Londra, Le Gallerie degli Uffizi di Firenze e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia –, le opere abbracciano un arco di tempo di circa duemila anni di storia, accompagnando l’osservatore in un viaggio curioso e approfondito dall’età romana al Medioevo, dalle avanguardie storiche fino ai giorni nostri. Un percorso ragionato, suddiviso in sezioni, per capire quanto decorazione e ornamento siano da sempre parte fondamentale dell’esperienza umana.

[Immagine in apertura: Keith Haring, Untitled (Egypt), 1982, acrilico su carta, 100 x 130 cm, Milano, Collezione Consolandi © Roberto Marossi]