Il Castello di Zak è un vecchio spazio industriale abbandonato nella periferia di Milano. Un luogo in disuso come tanti, diventato negli anni un vero e proprio museo a cielo aperto. L'artefice di questa iniziativa? Un immigrato tunisino con la passione per la street art.
Quanti sono i grandi capannoni industriali sparsi per la penisola, trasformati dalla street art in veri e propri templi di arte urbana? Tra questi ce n’è uno che potrebbe diventare in futuro un modello da imitare. Stiamo parlando del Castello di Zak, una fabbrica dismessa a Cormano – nella periferia di Milano – scelta negli anni dagli artisti come luogo privilegiato per liberare la loro creatività.
A rendere il posto speciale, tanto da spingere la casa editrice Meltemi a dedicargli un volume, è però non tanto la fattura (pure notevole) delle opere d’arte in esso presenti, quanto la “gestione” e la promozione del luogo, affidata – un po’ per caso – a Jemai Zakaria, un immigrato tunisino dalla spiccata sensibilità artistica, che ha deciso di stabilirsi in un angolo del fabbricato, unendo l’utile al dilettevole. Nel corso degli anni, infatti, Zak è diventato il custode di questo “castello” dei graffiti, aprendolo al pubblico, trasformandolo da spazio industriale in museo a cielo aperto, set cinematografico e persino palestra di meditazione.
Curato da Giovanni Candida – fotografo appassionato di arte urbana – il libro, dal titolo La fabbrica della street art (nell’immagine in apertura la copertina) raccoglie un’ampia selezione di testi e una ricca documentazione di immagini della struttura, accompagnando i lettori nei meandri di questo posto magico, divenuto con il tempo luogo di ritrovo per giovani artisti, poeti e creativi. Un’esperienza da conoscere e magari da cui prendere nota, per vedere con occhio diverso i tanti “tempi della street art” sparsi da nord a sud del Paese.