67 opere esposte, 48 artisti, 5 sezioni: sono questi i numeri della mostra "The Supermarket of Images", in corso fino al 7 giugno prossimo negli spazi parigini del Jeu de Paume. Un'audace analisi delle conseguenze dell'iperproduzione di immagini.
Era il 2016 quando il fotografo tedesco Andreas Gursky immortalava l’interno di un magazzino Amazon, consegnandoci uno scatto crudo ed emblematico della “cultura mercificata” della nostra epoca. L’opera, di dimensioni monumentali, è una delle 67 selezionate in occasione della mostra The Supermarket of Images, inaugurata nei giorni scorsi al Jeu de Paume di Parigi.
Esplicitamente legata al volume omonimo, scritto dal filosofo Peter Szendy e pubblicato lo scorso anno, l’esposizione esamina “l’economia delle immagini”, individuando nell’attuale iperproduzione e nell’iperconsumo aspetti meritevoli di essere indagati. Cosa avviene, infatti, parallelamente alla realizzazione dei miliardi di immagini che ogni giorno “inondano” il pianeta? Quali sono le conseguenze connesse a questo fenomeno, dal punto di vista della conservazione, gestione, oltre che del trasferimento e scambio, anche di tipo elettronico, di questi “prodotti”?
Si tratta di un tema vasto, che ha spinto Szendy a introdurre il neologismo “iconomy”, associando in un unico vocabolo i termini “icon” ed “economy”. Curata dallo stesso filosofo, con Emmanuel Alloa e Marta Ponsa, la mostra getta uno sguardo acuto sulla nostra società, adottando un “doppio registro”. A un’azione di documentazione di quanto sta avvenendo e degli sconvolgimenti prodotti sul fronte economico, si affianca infatti un’analisi più concettuale, nella quale a essere chiamate in causa sono le categorie di attendibilità e tempo, tra le altre. Se la produzione e la circolazione divengono incessanti, il valore e la veridicità delle immagini possono essere posti in crisi dalla stessa velocità di realizzazione?
Interrogativi dinanzi ai quali The Supermarket of Images si affida alla capacità di lettura e interpretazione di artisti appartenenti a generazioni e correnti eterogenee. Tra loro anche l’italiano Maurizio Cattelan, del quale è esposta l’installazione Untitled, del 2001. Si tratta di un lavoro composto da due ascensori in miniatura, riprodotti con dovizia di particolari, che impongono all’osservatore di misurarsi con il cambiamento di scala e di svincolare un dispositivo di uso comune dall’idea di ordinarietà.
[Immagine in apertura: Andreas Gursky, Amazon 2016 © Andreas Gursky / Courtesy de l’artiste et Sprüth Magers / ADAGP, 2019]