Inaugurata da poche ore, la Biennale di Sydney ha alzato il sipario sulla sua 22esima edizione, riunendo ben 700 opere realizzate da 101 artisti e collettivi provenienti da una parte all'altra del globo.
In giorni complessi come quelli che stiamo vivendo, viaggiare con la mente è un ottimo antidoto alla solitudine e all’isolamento, immaginando le mete del nostro prossimo itinerario. Una di queste potrebbe essere Sydney, che ha da poco dato il via alla sua 22esima Biennale, intitolata NIRIN, termine che, nella lingua del popolo aborigeno Wiradjuri, a cui appartiene l’artista Brook Andrew, direttore di questa edizione, significa limite, bordo.
Terza biennale più longeva al mondo, dopo le rassegne di Venezia e São Paulo, quella di Sydney invita il pubblico a superare il limite di ciò che è noto, di sfidare i confini della Storia e di immaginare nuove prospettive future. 101 artisti e collettivi internazionali, tra cui Arthur Jafa, Ibrahim Mahama e Zanele Muholi, firmano i 700 lavori che animano la kermesse, visitabile fino all’8 giugno prossimo.
Le opere, realizzate con linguaggi che spaziano dalla fotografia al video, dalla installazione alla performance, sono esposte in sei sedi ‒ Art Gallery of New South Wales, Artspace, Campbelltown Arts Centre, Cockatoo Island, Museum of Contemporary Art Australia e la National Art School ‒, mettendo in luce la capillarità della rassegna nel panorama cittadino.
A riprova della pervasività della Biennale di Sydney, sono molteplici gli eventi che completano il programma: basti pensare al 4ESydney HipHop Festival e al Bankstown Poetry Slam, senza dimenticare i tanti incontri con gli artisti e i laboratori organizzati per un pubblico di tutte le età.
[Immagine in apertura: Aziz Hazara, Bow Echo, 2019. Video still: 5-channel digital video (color, sound), 4 min 17. Produced by the Han Nefkens Foundation. Courtesy of the artist and of the Foundation]