Foto, messaggi e video diffusi dagli artisti contemporanei dalle rispettive dimore, a causa dell'attuale emergenza sanitaria, riaccendono i riflettori sulle case d'artista, veri e propri luoghi d'elezione per pittori, scultori, letterati del passato. Nell'attesa di poter di nuovo varcare la soglia dei musei e di queste speciali dimore, vi proponiamo un itinerario in cinque tappe.
In queste settimane di quarantena c’è chi, come Gianluca Biscalchin, ha pensato di associare il concetto “#iorestoacasa” all’immagine di alcuni protagonisti dell’arte moderna: li disegna mentre trascorrono l’attuale “tempo sospeso” nelle rispettive “dimore”, seguendo come tutti le regole. Attraverso forme di condivisione spontanea, molti artisti dei giorni nostri stanno raccontando la propria condizione di “reclusione domestica” — è il caso di Tracey Emin, con i post condivisi via Instagram — oppure lanciano messaggi di speranza e vicinanza, in molti casi indirizzandoli all’Italia.
Sono modi per continuare a comunicare e per mantenere attivo il rapporto con i propri estimatori, che in alcuni casi possono anche essere interpretati come forme di “svelamento” della propria sfera privata. Seppur simbolicamente, infatti, gli artisti stanno aprendo le porte delle proprie abitazioni, mostrando a tutti (selezionati) frammenti dei propri spazi di vita e creazione. Un moltiplicarsi di immagini, video e testimonianze che riaccende i riflettori sulla dimensione, intima e potente, delle case d’artista: veri e propri luoghi d’elezione, che hanno fatto da cornice alla nascita di opere iconiche e all’esistenza di pittori, scultori, scrittori e letterati. Proviamo a varcare, intanto idealmente, la soglia di cinque tra queste, con l’auspicio di future visite.
Probabilmente è la prima dimora cui si pensa quando ci si avvicina al tema delle case d’artista. La sua popolarità è legata alla notevole fama di Claude Monet, ma anche all’innata poeticità del luogo, che, oltre all’abitazione vera e propria, comprende il salone-atelier, in cui sono conservate le stampe giapponesi dell’artista, e curatissimi giardini (nell’immagine in apertura) . Attualmente chiusa al pubblico, in ottemperanza alle normative adottate in Francia per contrastare l’epidemia in atto, ospitò il pittore impressionista dal 1883 al 1926. Ben quarantatré anni, durante i quali presero forma alcuni dei più rappresentativi lavori di Monet. Tra ninfee, piante orientali, salici piangenti e l’iconico ponte giapponese, è in questo angolo di Normandia che si può cogliere la passione per il giardinaggio che animò l’artista.
La casa natale di Tiziano Vecellio a Pieve di Cadore, nel bellunese, rappresenta un autentico “luogo del cuore” per l’intera comunità locale. La residenza, visitabile in condizioni normali tramite prenotazione, ospitò il pittore nei suoi primi anni, ovvero prima del trasferimento a Venezia, destinata a diventare la sua “città d’adozione”, nonché simbolo della sua crescita artistica e professionale. Nonostante una serie di modifiche apportate nel corso dei decenni alla struttura, la dimora conserva ancora i vani in cui Tiziano probabilmente trascorse la sua infanzia. Da segnalare, anche, l’esposizione in forma permanente di una raccolta di riproduzioni della collezione di disegni tizianeschi della Galleria degli Uffizi di Firenze e di altri documenti associati alla vita dell’artista.
Fu intenso il rapporto tra Joan Miró e la maggiore delle isole Baleari. L’artista catalano fissò a Maiorca la propria dimora nel 1956, restandovi fino alla scomparsa, avvenuta nel 1983. La Fundació Pilar i Joan Miró ha sede proprio sull’isola e include tre edifici: lo Studio Sert, che ospitò inizialmente l’artista e venne progettato dall’architetto Josep Lluís Sert; Son Boter, impiegata come secondo atelier e ricavata all’interno di una tipica struttura isolana del tardo XVIII; e il Moneo Building. Considerato il “quartier generale” della fondazione e aperto nel 1992, porta la firma dell’architetto Rafael Moneo.
Al momento “accessibile” solo online, grazie a uno speciale audio tour, la Rubens House di Anversa è annoverata tra le residenze d’artista più rinomate al mondo. Il celebre pittore visse qui con la sua famiglia per anni, dipinse nel maestoso studio da lui stesso progettato, lavorò a stretto contatto con i suoi assistenti, frequentò amici e facoltosi committenti. Immersa nel giardino di proprietà, questa casa-museo era in origine una tradizionale dimora fiamminga: per volontà e sotto la guida dell’artista venne ampliata, acquisendo sia alcuni caratteri desunti dall’antichità romana, sia echi rinascimentali.
Abbandonando l’Europa, è oltreoceano che si può riscoprire l’anima più autentica di Frida Kahlo: la pittrice messicana nacque e si spense nella celeberrima Casa Azul, visitabile nel quartiere di Coyoacán, a Città del Messico. La sua esistenza di arte, passioni, tormenti, incontri, che negli ultimi anni ha suscitato una crescente curiosità e una rinnovata attenzione, probabilmente può essere compresa in profondità solo tra le stanze di questa dimora. Trasformata in museo nel 1958, quattro anni dopo la morte di Kahlo, conserva alcune delle opere chiave della sua produzione, tra cui Long Live Life (1954), Frida and the Caesarian Operation (1931), e Portrait of My Father Wilhelm Kahlo (1952).