Edward Hopper dalla A alla Z

15 Aprile 2020

Edward Hopper, Nighthawks, 1942. The Art Institute of Chicago, Chicago, Illinois Friends of American Art Collection; Heirs of Josephine N. Hopper/ VAGA at ARS, NY/ VG Bild-Kunst, Bonn 2019

Sarà pure uno stereotipo scontato, un’associazione abusata in queste settimane di quarantena, ma i dipinti di Edward Hopper sono la metafora più calzante per descrivere la solitudine forzata di queste settimane. Prendete la figura centrale de I Nottambuli, il celebre dipinto del 1942: seduto al bancone di un bar, il protagonista, di spalle, porta sul corpo ricurvo tutto il peso dell’incertezza del proprio tempo (i giapponesi avevano da poco attaccato Pearl Harbour). L’atmosfera intorno è pigra, distesa, malinconica. Il locale è vuoto, eppure la desolazione degli spazi sembra densa e pesante: solitudine e inquietudine si mescolano fino a dare forma a una poltiglia ingombrante, trasmettendo all’osservatore un sentimento di ansia palpabile.

Bene, ora sostituiamo quel bancone del bar con lo schermo del nostro pc – forse il nostro “compagno” più fedele in queste giornate di reclusione. L’atmosfera del web è satura, densissima, ma chi abbiamo intorno? Ogni elemento è profondamente lontano da noi, distaccato nelle emozioni e nello spazio. Resta solo un “rumore bianco” di sottofondo costante, ingombrante, e che riempiendoci ci prosciuga.

UN VOCABOLARIO ICONOGRAFICO

Per queste ragioni sembra quanto mai calzante l’uscita di Edward Hopper: A to Z, il nuovo volume da pochi giorni portato sugli scaffali dall’editore tedesco Hatje Cantz Verlag. Curato da Ulf Küster, il libro – uscito in concomitanza con la mostra alla Fondation Beyeler di Basilea – è una guida illustrata alle parole chiave dell’intera iconografia del pittore.

I termini, in lingua inglese, scorrono in sequenza: da “American landscape” – il paesaggio americano, tanto caro all’artista – a “Cape Cod” – la penisola nello stato del Massachusetts al centro di tantissime scene del pittore. E poi ancora “House”, “Illustration” e “Time”. Ognuna delle parole selezionate viene qui accompagnata da un testo esplicativo e da una selezione di immagini – tra capolavori noti e altri meno conosciuti. Il risultato è un percorso allo stesso tempo intimo e universale, capace di accompagnare il lettore negli aspetti più privati di un artista forse abusato, chiacchierato, ma di certo ancora capace di parlare del nostro tempo.

[Immagine in apertura: Edward Hopper, Nighthawks, 1942. The Art Institute of Chicago, Chicago, Illinois Friends of American Art Collection; Heirs of Josephine N. Hopper/ VAGA at ARS, NY/ VG Bild-Kunst, Bonn 2019]