In attesa di tornare ad ammirare dal vivo i capolavori della pittura olandese conservati nelle sale del Mauritshuis, il museo olandese ha reso noti i dati emersi dal nuovo approfondito studio condotto su uno dei dipinti più noti della sua collezione: "Ragazza con l'orecchino di perla" di Johannes Veermer.
Sono oltre duecento i capolavori della pittura olandese del diciassettesimo secolo che popolano le sale del Mauritshuis, il celebre museo situato nel cuore de L’Aia, nei Paesi Bassi. Opere di Rembrandt, Hals, Steen e, naturalmente, di Johannes Vermeer, autore del dipinto forse più iconico dell’intera collezione: La ragazza con l’orecchino di perla.
Eseguito intorno al 1665, negli ultimi due anni è stato oggetto di un approfondito esame a cura di una équipe di esperti internazionali, che ha adottato tecniche all’avanguardia. Gli esiti del lavoro condotto sull’opera sono stati resi noti in questi giorni dal Mauritshuis, che ha scelto di condividerli sul proprio sito e sui propri canali social, YouTube in primis, in attesa della riapertura. E le sorprese, è proprio il caso di dirlo, non mancano.
Già esaminato in maniera capillare nel 1994, il dipinto torna a far parlare di sé per una serie di nuove scoperte emerse grazie all’ausilio di tecniche non disponibili 25 anni fa. Molti i dati venuti alla luce in merito alla tecnica, alla composizione e ai materiali impiegati da Vermeer. Tra i più sorprendenti, quelli relativi allo sfondo, inizialmente concepito dall’artista non come uno spazio piatto, buio e vuoto. La ragazza, infatti, sarebbe stata dipinta di fronte a una tenda verde, progressivamente scomparsa dall’osservazione a occhio nudo per effetto di cambiamenti fisici e chimici; tracce di pieghe del tessuto e di variazioni cromatiche emergerebbero da specifiche analisi.
E, ancora, Vermeer avrebbe apportato modifiche alla composizione durante il processo di stesura del colore, con particolare riguardo per la posizione dell’orecchio, per la parte superiore del velo e per la parte posteriore del collo: tutte risulterebbero spostate. Alimentata anche da produzioni cinematografiche e documentari, la curiosità attorno all’opera continuerà verosimilmente a crescere. Del resto, come ha sottolineato in una dichiarazione Martine Gosselink, direttrice del Mauritshuis, la recente ricerca costituisce una tappa intermedia nel percorso di analisi del quadro: “Vogliamo andare oltre con la ricerca. Le possibilità tecniche continuano a svilupparsi. Le collaborazioni stanno crescendo e così è il desiderio di saperne di più“. E, del resto, non è stata ancora scoperta l’identità del soggetto raffigurato. Un vero proprio “enigma”.