Il giardino di Derek Jarman divenne fondamentale nell'opera e nell'esistenza dell'artista, soprattutto negli ultimi anni e durante la malattia. Per la prima volta, una mostra ne indaga in profondità il ruolo giocato nella carriera del regista e pittore: accade al Garden Museum di Londra, fino al prossimo 20 settembre.
Il contatto diretto con la natura può essere salvifico o, almeno, può contribuire a rendere più tollerabili una condizione di sofferenza o l’esperienza della malattia? “Non sono mai stato più felice della scorsa settimana. Alzo lo sguardo e vedo il mare azzurro e profondo fuori dalla mia finestra sotto il sole di febbraio, e oggi ho visto il mio primo calabrone“, scriveva nel febbraio 1989 Derek Jarman, il poliedrico artista inglese scomparso all’età di 52 anni a causa dell’Aids. Dal momento in cui, nel 1986, gli venne diagnosticata l’HIV scelse di “trarre il massimo possibile dalla vita“, dedicandosi alla cura del giardino del suo Prospect Cottage, sul promontorio del Dungeness, nella contea inglese del Kent.
Oggi divenuto meta cult per gli estimatori dell’opera di Jarman, per la prima volta viene raccontato da una mostra che ne analizza il ruolo nella vita e nel lavoro dell’autore. Vengono riunite insieme le sue opere d’arte, pittoriche e scultoree, una selezione dei suoi film e manufatti personali tra cui diari, quaderni di schizzi, i preziosi “Garden Notebooks”, presentati insieme a strumenti di lavoro e arredi provenienti dal cottage. A ospitare l’appuntamento, visitabile fino al prossimo 20 settembre nel rispetto delle norme vigenti sul distanziamento, è il Garden Museum di Londra.
Derek Jarman: My garden’s boundaries are the horizon, questo il titolo dell’esposizione, consente di conoscere più da vicino la storia dell’iconico giardino e della dimora che, a causa delle dimensioni ridotte e della sua “fragilità”, non è aperta al pubblico, ma che è stata oggetto di una campagna conclusasi con successo per salvaguardarne le sorti. L’edificio, in origine una rimessa per marinai acquistata dal regista durante le riprese di un film interpretato dalla sua musa Tilda Swinton, il giardino – “l’unico contemporaneo a essere realizzato senza confini” – e il paesaggio circostante, contraddistinto dalla presenza di una centrale elettrica, costituirono una fonte di ispirazione unica negli ultimi anni di vita dell’artista.
La mostra ricostruisce la passione dell’autore verso la natura, gli sforzi profusi nella realizzazione e crescita di questo luogo, nonostante le difficoltà del contesto naturalistico. Ricorda, inoltre, tappe importanti della sua carriera come la candidatura al Turner Prize 1986, poi assegnato al duo Gilbert & George. Il progetto espositivo include film e materiali d’archivio registrati da Jarman con la sua fotocamera Super 8 proprio a Prospect Cottage, scelta come location per opere come The Last of England (1987 ) e The Garden (1990). Arricchisce il progetto il catalogo redatto da Howard Sooley, fotografo e amico intimo di Jarman che con lui lavorò al volume Derek Jarman’s Garden; pubblicato postumo, fu descritto dal giornalista Monty Don del Guardian come “il punto di riferimento con cui misurare tutti gli altri libri illustrati di giardinaggio“.
[Immagine in apertura: Prospect Cottage c. 1990 © Howard Sooley]