I “misteri” della staged photography svelati a Reggio Emilia

18 Ottobre 2020

ANDY SKOGLUND, Revenge of the Goldfish 1981 archival color photograph cm 88.9 x 69.2 ca. Courtesy: Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)

Sono True Fictions – Fotografia visionaria dagli anni ’70 ad oggi e Atlanti, ritratti e altre storie – 6 giovani fotografi europei i due progetti espositivi al via questo fine settimana a Reggio Emilia nell’ambito dell’iniziativa Autunno Fotografico, curata da Fondazione Palazzo Magnani e dal Comune. Nonostante la temporanea sospensione, causa pandemia, della kermesse Fotografia Europea 2020 – attesa per il prossimo anno, dal 23 aprile al 23 maggio 2021, proporrà una pluralità di eventi adottando il verso-slogan di Gianni Rodari “Sulla Luna e sulla Terra / fate largo ai sognatori” –, la città ha scelto di mantenere accesi i riflettori sull’arte dello scatto.

Entrambe le mostre, visitabili nelle rispettive sedi di Palazzo Magnani e Palazzo Da Mosto, resteranno aperte fino al 10 gennaio 2021; ad affiancarle è un corollario di esposizioni diffuse nel centro storico di Reggio Emilia, una delle quali si focalizza su più di trenta giovani autori.

TUTTA LA FORZA DELLA FOTOGRAFIA VISIONARIA

A offrire un’efficace definizione di staged photography è Walter Guadagnini, curatore di True Fictions – Fotografia visionaria dagli anni ’70 ad oggi, la mostra che esamina gli orizzonti concettuali e documenta gli esiti di un genere che dagli anni Ottanta in poi ha contributo alla radicale evoluzione del linguaggio fotografico, ridefinendone la forza comunicativa ed espressiva. Ad accomunare lo stile di autori come Cindy Sherman, Yasumasa Morimura, David LaChapelle, Sandy Skoglund, Nic Nicosia, Emily Allchurch, Julia Fullerton Batten, Paolo Ventura e Bruce Charlesworth – solo per citare una selezione degli artisti selezionati –, è la loro convergenza nell’intendere lo strumento fotografico come “il mezzo privilegiato per inventare realtà parallele, menzogne credibili, mondi fantastici“, racconta Guadagnini.

Attraverso la staged photography, la cui potenza visiva e inventiva viene testimoniata nel percorso espositivo da oltre cento opere, questi artisti smettono di riprodurre la realtà, divenendo co-creatori di situazioni, contesti e visioni che spesso incoraggiano a mettere in discussione certezze e conoscenze. Dalle prime esperienze fino ai risultati raggiunti negli anni Duemila, attraverso il ricorso a Photoshop e agli strumenti digitali, per la prima volta in Italia la mostra prova a “definire criticamente questo campo così vasto e così affascinante“, facendo leva su lavori “straordinariamente inquietanti e divertenti, che parlano di noi fingendo di parlare d’altro, ed è anche un’occasione di studio per inquadrare storicamente questo fenomeno“. Possibili altri mondi, dunque, in cui immergersi a Reggio Emilia, fosse anche per una temporanea esperienza di fuga dalla realtà.

[Immagine in apertura: Sandy Skoglund, Revenge of the Goldfish, 1981 archival color photograph cm 88.9 x 69.2 ca. Courtesy: Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)]