"La schiavitù è parte integrante della storia dei Paesi Bassi": ad affermarlo è Taco Dibbits, direttore generale del Rijksmuseum, istituzione che nel 2021 ospiterà per la prima volta dalla sua apertura un ampio progetto espositivo dedicato a uno degli aspetti più complessi della lunga vicenda coloniale olandese.
Sono molti i Paesi, anche in Europa, che in questi anni hanno intrapreso percorsi di analisi e riflessione sul proprio passato: le cosiddette “eredità storiche scomode”, legate a drammatiche vicende avvenute nel Novecento o nei secoli precedenti, accomunano molti Stati moderni. Tuttavia, con il passare del tempo e con l’affermarsi di nuove maturità collettive, queste tragiche o imbarazzanti pagine della storia stanno tornando al centro del dibattito, dopo lunghe fasi di silenzio e oblio.
Si inserisce in questo percorso il recente annuncio del Rijksmuseum di Amsterdam, il prestigioso museo nazionale dedito alle arti e alla storia dei Paesi Bassi. Nel 2021, più precisamente dal 12 febbraio al 30 maggio, l’istituzione ospiterà la mostra Slavery, che per la prima volta affronta il tema della schiavitù, considerandolo nella sua accezione di “parte integrante della storia del Paese“. Obiettivo dichiarato del progetto espositivo è approfondire le storie vere delle donne e degli uomini che furono costretti a lasciare le proprie terre d’origine, ad attraversare l’Atlantico o l’Oceano Indiano per poi essere ridotte in schiavitù nei Paesi Bassi.
Come erano le vite degli schiavi in terra d’Olanda? Qual era l’atteggiamento prevalente nel Paese nei confronti del sistema di schiavitù? Com’è cambiata questa condizione nei 250 anni del periodo coloniale olandese? Per rispondere a queste domande, il Rijksmuseum ha scelto di focalizzarsi su dieci storie vere, così da delineare una panoramica delle modalità con cui le persone hanno affrontato e vissuto quella che la curatrice del museo Valika Smeulders ha definito “un’ingiustizia legalizzata“.
Per ciascuna delle figure viene ripercorsa la storia personale, tra fatica, limitazioni, resistenza e desiderio di libertà. Il risultato è un racconto corale in grado di fornire ai visitatori un quadro ampio di questa parte della storia olandese, oltre agli strumenti per una migliore comprensione della società odierna. In Slavery sono infatti incluse le esperienze di persone ridotte in schiavitù, di proprietari di schiavi, di individui che hanno spezzato “le catene della schiavitù”.
Il percorso di visita, oltre a un tour audio guidato, sarà scandito da oggetti provenienti da musei, archivi e collezioni private nazionali e internazionali, fra cui istituzioni con sede in Sudafrica, Indonesia e Suriname. Estesa dal XVII al XIX secolo, la fase coloniale olandese ha infatti riguardato quattro continenti: di conseguenza la mostra punta a delineare una visione geograficamente ampia e allo stesso tempo specificamente olandese come mai accaduto prima d’ora in un museo nazionale.
[Immagine in apertura: Anonymous, Foot stocks designed for the constraint of multiple enslaved people, with 6 separate shackles, c. 1600–1800, Rijksmuseum, gift from Mr J.W. de Keijzer]