Cosa rese l'esperienza dei pittori macchiaioli "rivoluzionaria"? In quale modo gli autori legati a questo movimento presero le distanze dalla tradizionale pittura di paesaggio italiana e dalla scuola francese di Barbizon, in nome di una ricerca autonoma? Quesiti affrontati nella mostra con cui prende il via la nuova stagione espositiva del Forte di Bard, in Valle d'Aosta.
Sede espositiva aperta a tutti i linguaggi artistici, il complesso monumentale valdostano del Forte di Bard torna a schiudere le proprie porte il 24 febbraio, in occasione della mostra I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air. Primo appuntamento della nuova stagione espositiva, la cui data di chiusura è attualmente fissata per il 6 giugno prossimo, la rassegna fa luce sull’esperienza del movimento artistico che fu artefice di un’autentica rivoluzione nella pittura italiana dell’Ottocento.
Ottanta le opere selezionate dalla curatrice, Simona Bartolena, per questo percorso espositivo, il cui obiettivo è analizzare la corrente macchiaiola raccontandone la genesi e le evoluzioni. Di conseguenza, l’attenzione si concentra sulla Toscana della seconda metà del XIX secolo e, in particolare, sulla città di Firenze e sullo storico Caffè Michelangelo, cornice della nascita del movimento. In opposizione alle tendenze prevalenti all’epoca in ambito accademico, gli artisti che aderirono a questa nuova visione privilegiarono una tecnica pittorica fondata su una ritrovata “fedeltà” all’osservazione, da attuare mediante l’adozione di specifiche modalità di intervento sulla tela. Comune a tutti gli autori che si riconobbero in questo spirito era la volontà di dipingere il “senso del vero”.
L’itinerario di visita prende avvio nel Cannoniere del Forte di Bard, dove vengono proposte opere di Serafino de Tivoli, considerato un precursore della rivoluzione macchiaiola; ad affiancarle sono le prime sperimentazioni dei Macchiaioli. Cuore dell’esposizione sono i lavori di alcuni artisti più rappresentativi della corrente: da Silvestro Lega a Telemaco Signorini; da Vincenzo Cabianca a Raffaello Sernesi; da Odoardo Borrani fino a Cristiano Banti. Si tratta di autori che, animati dal comune obiettivo di introdurre un approccio più asciutto e severo e di restituire le impressioni proprie della realtà, presero progressivamente le distanze tanto dalla tradizionale pittura di paesaggio italiana quanto dalle sperimentazioni della scuola francese di Barbizon e dai suoi echi romantici.
Infine, immancabili nel percorso de I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air, sono i dipinti legati a temi di rilievo storico, a cominciare da quelli affrontati da Giovanni Fattori. All’esame dell’eredità della pittura di Macchia è quindi affidato il capitolo conclusivo della mostra, che nella storica cornice del Forte di Bard documenta anche le fasi di progressiva acquisizione di uno stile più disteso da parte dei Macchiaioli, che ridussero le distanze con la coeva tendenza naturalista europea.
[Immagine in apertura: Telemaco Signorini, Mercato di via del Fuoco, Firenze, olio su tela, 50,5 x 36 cm, collezione privata, courtesy Enrico Gallerie d’Arte, Milano]