Addio a Luca Ronconi, regista innovatore del teatro

22 Febbraio 2015


Avrebbe compiuto 82 anni a marzo, ma Luca Ronconi si è spento la sera di sabato 21 febbraio al Policlinico di Milano, dove si trovava ricoverato da alcuni giorni.

Inizia la sua carriera come attore negli anni Cinquanta, trovandosi a recitare anche per Michelangelo Antonioni, e già nel 1963 debutta come regista teatrale nella compagnia di Corrado Pani e Gian Maria Volonté.
In pochi anni diviene uno degli esponenti più seguiti dell’avanguardia italiana, fino alla prima consacrazione a livello internazionale: è il 1969, anno della fortunata riduzione dell’Orlando Furioso firmata da Edoardo Sanguineti, straordinario successo in patria e a New York. La prima messa in scena dello spettacolo, al Festival dei Due Mondi di Spoleto, vede quaranta attori recitare “in vari luoghi sull’intero spazio agibile, condiviso in modo totale dagli attori – su carrelli spostabili, piattaforme o in terra tra la gente – con gli spettatori attorno”, come ricorda Franco Quadri: “Ognuno è libero di spingere il suo eroe vagante verso l’ignoto, di assistere a un duello o a una scena di follia, o di scegliersi via via una strada, come il lettore quando sfoglia un libro: si formerà quindi un itinerario personale e un proprio montaggio della serata, ritrovandovi comunque l’ironia e le contaminazioni dell’Ariosto”. In bilico tra avanguardia e tradizione, Ronconi ri-lancia così in forma contemporanea l’essenza dello spettacolo medievale.
Qualche anno dopo, la versione televisiva dell’opera, trasmessa in cinque puntate, riuscirà a guadagnarsi anche la prima serata.

Gli anni Settanta vedono Luca Ronconi impegnato alla Biennale di Venezia, poi al Laboratorio di progettazione teatrale di Prato che fonda lui stesso. È il decennio di spettacoli memorabili, dall’Orestea di Eschilo del 1972 alle Baccanti di Euripide del 1977, quest’ultimo spettacolo proprio a Prato.
Una sola attrice, Marisa Fabbri, interpreta da sola tutte le parti dell’opera teatrale, mentre si moltiplica a dismisura lo spazio scenico, costituito da sale e anditi del Collegio Magnolfi. La rappresentazione ammette non più di 24 spettatori per volta, riportando così la tragedia al suo antico, originario valore rituale.

Regista che ama sfidare qualsiasi assioma stilistico e formale, nel 1986 Ronconi porta in scena Ignorabimus, lunghissimo testo di Holz – autore del tutto sconosciuto in Italia – la cui rappresentazione dura per 12 ore consecutive. Uno sforzo immane per le attrici e gli spettatori, che possono però dire di aver conosciuto il teatro naturalista portato all’estremo: una tragedia borghese che si svolge nell’arco di una giornata… e tanto è il tempo che richiede per essere rappresentata.
Sul finire degli anni Ottanta, il regista assume la direzione artistica del Teatro Stabile di Torino; approfitterà dell’occasione per portare Gli ultimi giorni dell’umanità di Kraus – e sessanta interpreti – al Lingotto. Dopo una parentesi al Teatro di Roma, nel 1999 arriva al Piccolo Teatro di Milano dove, tra le tante opere con cui si confronta, Luca Ronconi sceglie di rappresentare anche le teorie scientifiche di John David Barrow, cosmologo inglese e professore di Matematica a Cambridge. Nel 2002 nasce così Infinities, con cui il regista sposta “per sempre le frontiere del teatro”: impossibile dar torto a Renato Palazzi, nel caso di un’opera che affronta universi infiniti nello spazio o nel tempo.
Sintesi, forse, del sentire stesso di Luca Ronconi verso quel teatro che tanto gli deve.