È il Paese dove si vende più arte al mondo, ma guarda per lo più a nomi locali. Con l’ottava edizione di Art Beijing la Cina apre al mercato internazionale: centocinquanta le gallerie ospiti della grande fiera di Pechino
La piazza internazionale più importante per il mercato dell’arte? Dal secondo dopoguerra fino ad oggi, numeri alla mano, l’indirizzo giusto era negli Stati Uniti: per numero di transazioni e volume d’affari, ma anche per autorevolezza delle gallerie e rilevanza delle collezioni pubbliche e private. Da un paio d’anni a questa parte la geopolitica dell’arte ha cambiato il proprio asse. Un terzo degli acquisti di opere d’arte che si effettuano nel mondo avviene in Cina.
Un dato che rende particolarmente interessante l’ottava edizione di Art Beijing, che dall’1 al 5 maggio anima i 20mila metri quadri dell’Agricultural Exhibition Center di Pechino. Centocinquanta le gallerie e gli spazi espositivi ammessi in fiera, selezionati a seguito di una rigida selezione che vede un 30% di nuove partecipazioni; due le sezioni, dedicate all’arte contemporanea e a quella classica e moderna.
A dominare la scena sono naturalmente gli operatori locali, a conferma delle statistiche che indicano come il mercato cinese sia prevalentemente rivolto ad artisti del territorio. Ma non mancano ospiti da Giappone, Corea, Stati Uniti, Europa: e naturalmente Italia. È attiva con un proprio spazio a Pechino da quasi dieci anni la toscana Galleria Continua, che in queste settimane espone nella propria succursale cinese le sculture di Loris Cecchini.
Tra i tanti nomi del contemporaneo cinese spuntano anche diversi big dell’arte occidentale. È il caso di Damien Hirst o delle grafiche di Bob Dylan proposte dalla Halcyon Gallery di Londra; un’altra galleria britannica,la ElmsLester, elabora una personale con l’ultima produzione dello street artist Adam Neate, da tempo al lavoro con esiti visionari sulla resa pittorica della terza dimensione.