Nona edizione, sabato 5 ottobre, per la Giornata del Contemporaneo: oltre mille tra mostre, eventi e incontri in ottocento città italiane. Un programma che indaga i diversi aspetti dell’arte dei nostri giorni
Ottocento collezioni e gallerie, piazze e spazi espositivi. Più di mille appuntamenti tra opening e finissage, incontri e dibattiti, performance e installazioni. Torna sabato 5 ottobre la Giornata del Contemporaneo indetta da AMACI, rete che collega tra loro i ventisei musei italiani dedicati all’arte di oggi; un evento che, giunto alla sua nona edizione, si propone di raggiungere e superare il record di pubblico raggiunto nel 2012. Quando a partecipare all’iniziativa furono 230mila persone.
Programma articolato, da nord a sud, con le capitali italiane dell’arte a competere in una gara ideale a chi propone l’offerta più alta. In termini di quantità e qualità. A Milano inaugura al PAC l’inaugurazione della personale di Adrian Paci, con opere storiche e la recentissima The Column . A Roma, invece, è protagonista assoluto Emilio Isgrò, nella inconsueta veste di performer: sapore teatrale per la performance con cui chiude la retrospettiva che gli dedicala Galleria Nazionale di Arte Moderna.
Quattro collezionisti privati, altrettanti spazi espositivi pubblici, una selezione di opere di artisti di livello assoluto – da Sislej Xhafa a Wilfredo Prieto, per arrivare ai più giovani Luca Pozzi e Luca Trevisani. Un’arte che esce dalla propria dimensione più intima per essere fruita in modo ampio e partecipato: un progetto intrigante quello con cui Andrea Bruciati anticipa gli appuntamenti di ArtVerona, portando nella città scaligera – in attesa della fiera imminente – primi assaggi di contemporaneo.
La tradizione vuol che ogni anno AMACI commissioni un’opera che diventi icona della Giornata del Contemporaneo. A firmare l’immagine di questa edizione è Marzia Migliora, che mette in scena nello spettacolare contesto di Gibellina, all’interno del labirintico cretto realizzato da Alberto Burri, il suo Aqua Micans : una processione interpretata dalle figlie e nipoti delle donne che hanno subito sulla propria pelle il dramma del terremoto nel Belice. Un processo creativo raccontato, in mostra, a Palermo.