Seoul: in scena la Korea Art Fair. Nel segno di Nam June Paik

1 Ottobre 2013


È una delle economie più frizzanti del pianeta, capace di superare per numero di super-ricchi il colosso indiano. È animata da una scena culturale che sforna successi a trecentosessanta gradi, spaziando dalla musica pop a una scena cinematografica cresciuta del 20% –  per quantità di investimenti – solo nell’ultimo anno. La Corea del Sud è una nelle nazioni più dinamiche del momento: una vitalità che si rispecchia anche nel mercato dell’arte.

Apre i battenti giovedì 3 ottobre la dodicesima edizione della Korea International Art Fair, con quasi duecento gallerie ospiti dei padiglioni del COEX di Seoul. Ampio risalto agli operatori locali, naturalmente, prima interfaccia con una scena artistica che negli ultimi tempi ha visto esplodere talenti di caratura internazionale – Lee Yongbaek su tutti. Ma non mancano big della scena mondiale: in prima fila Emmanuel Perrotin, fresco di inaugurazione della sua nuova galleria newyorchese.

Se le fiere del Vecchio Continente dedicano spesso focus specifici ai Paesi emergenti, suona come logica strategia il fatto che sia la Germania l’ospite di KIAF. Dodici le gallerie tedesche protagoniste, con Erhard Witzel che propone l’immaginario pop di Julian Opie e gli iperrealismi di Günther Beier; mentre Christine Rother punta tutto sull’arte al femminile: con le installazioni di Evelyn Hellenschmidt e le pitture di Verena Guther, Silvia Willkens e Susanne Zuehlke.

La programmazione degli eventi che accompagnano la fiera non poteva esimersi dal celebrare il più grande artista contemporaneo coreano. Si susseguono gli incontri e i dibattiti dedicati all’opera di Nam June Paik, tra i fondatori del movimento Fluxus: oggetto di analisi la sua capacità di innovare in modo determinante il linguaggio della video-arte, ma anche la portata della sua esperienza nel confronto con le nuove generazioni di artisti.