28 Ottobre 2013
Nel mondo ci sono oggi 3 miliardi e mezzo di oggetti elettronici connessi in rete. Saranno 30 nel 2020: è dedicata all’idea di scambio e comunicazione la nona edizione dello Share Festival. A Torino una rassegna che guarda al rapporto tra arte, cultura e nuove tecnologie
Condividere. Parola d’ordine per una rassegna che dalla sua prima edizione, andata in scena nel 2005, fa della comunicazione, del dialogo e del confronto la propria ragion d’essere. Torna a Torino lo Share Festival , piattaforma che sonda il panorama culturale globale alla luce del suo rapporto con i nuovi media e le tecnologie. Arte 2.0 per un evento che si sviluppa tra mostre, workshop, simposi, performance: in agenda da mercoledì 30 ottobre in diversi spazi della città.
Real Time / Real Space titola la nona edizione della rassegna, partendo da un dato semplicemente impressionante. Sono circa tre miliardi e mezzo, oggi, gli strumenti digitali connessi in rete nel mondo; entro il 2020 saranno pressoché decuplicati. Il web dunque è sempre meno dimensione virtuale e sempre più spazio reale, fisico; terreno per scambi e connessioni che escono dalla dimensione effimera dello schermo e si traducono in effetti concreti e tangibili.
Come quelli indotti da Angelo Comino, che negli spazi delle OGR porta fino al 3 novembre la sua Orchestra Meccanica Marinetti Arcade, ensemble robotico che il pubblico può comandare – è il caso di dire! – a bacchetta, creando nuove suggestioni sonore; e come quelli suggeriti dalla performance con cui Tez chiude, il 16 novembre alle Lavanderie Ramone, il programma del festival. Indagando gli effetti ottici delle trasmissioni su scale diverse da quelle della luce.
Un’arte da giocare quella esposta all’Accademia Albertina di Belle Arti, con sei collettivi in arrivo da Italia, Spagna, Olanda e Stati Uniti in gara per la realizzazione di videogame ispirati al visionario Hieronymus Bosch. Nelle sale dell’Accademia ecco anche le opere che hanno concorso allo Share Prize 2013: vince l’installazione site-specific con cui Nils Vӧlker riflette sul tema del riciclo dei rifiuti. Un’intera parete è rivestita di sacchi neri dell’immondizia, gonfiati e sgonfiati continuamente, nella creazione di una inquietante animazione.