Centocinquant’anni fa nasceva Edvard Munch, tra i più grandi pittori della modernità. Centocinquanta opere raccontano a Genova la sua parabola artistica, in una mostra che strizza l’occhio anche ad Andy Warhol
“Dipingeva ciò che vedeva” ha scritto Marc Restellini, direttore della Pinacothèque de Paris. Ovvero il malcelato orrore quotidiano di una società gentilmente brutale, educatamente terribile; ignifuga alle passioni e impermeabile al contatto umano più sincero. Un mondo fatto di stolide convenzioni e convinzioni piccolo borghesi, asfissianti nella loro letale ipocrisia. Germe per un’arte senza compromessi, cruda. Splendida, dunque nella sua capacità di dare sfogo alle più inquiete pieghe dell’anima.
Ha la firma di Restellini la mostra che fino al prossimo aprile porta a Genova, nelle sale di Palazzo Ducale, l’universo sofferto e immaginifico di Edvard Munch. Un evento di portata internazionale, con pezzi in prestito dalle principali collezioni pubbliche e private del mondo; una retrospettiva che riesce nell’impresa di scrollare dal nome dell’arrista la sua più splendida ma al tempo stesso ingombrante icona. Perché Munch è sì l’autore de L’Urlo . Ma anche molto di più.
Il filo narrativo si dipana attraverso la predisposizione per il ritratto, costante della sua lunga attività, e tocca con intima individualità il tema di un paesaggio in trasformazione da salvifico e pacifico luogo dell’anima a gabbia per una oscura solitudine. Nelle grafiche, negli acquerelli e nei disegni emerge una duttilità tecnica impressionante; nella declinazione del tema delle bagnanti si legge una necessità di introspezione di schietta modernità. Frutto di un’analisi dell’uomo di sensibilità quasi freudiana.
Sono centocinquanta le opere di Munch arrivate a Genova: numero evocativo considerato che nel 2013 si celebra un secolo e mezzo dalla nascita del pittore. Ad amplificare la portata dell’omaggio un piccolo ma intrigante excursus, parentesi aperta sulla straordinaria modernità di un artista dalla visionaria capacità di anticipare – anzi: dettare – i tempi. Il percorso espositivo devia infatti improvvisamente verso Andy Warhol, con un blocco di opere che il re della Pop Art ha dedicato al maestro espressionista. Stabilendo inediti e profondissimi legami.