Migliaia di oggetti orchestrati in un ordine caotico, un filo creativo che passa di generazione in generazione: facendo dell’arte una splendida eredità. All’Hangar Bicocca di Milano la più grande mostra mai allestita dedicata a Dieter Roth
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Anche l’arte, ovviamente. In primis quella di Dieter Roth, protagonista fino al prossimo febbraio all’Hangar Bicocca di Milano di quella che per ricchezza di opere, complessità dell’allestimento e profondità concettuale può a pieno titolo dirsi la sua più importante retrospettiva mai realizzata. Un evento di portata internazionale, che omaggia a quindici anni dalla scomparsa uno tra gli artisti più eclettici della contemporaneità.
Curioso per natura Roth, tedesco di nascita ma ramingo d’indole; sperimentatore acuto e appassionato. Imprescindibile nella sua riflessione la convergenza tra testa e cuore, azione e speculazione: un artista filosofo e insieme artigiano, orgoglioso padrone di una manualità che nasce dall’attività di grafico e stampatore. E si declina poi in una molteplice e sempre magnifica pluralità di linguaggi: dalla pittura all’installazione, dal video alla scultura.
Gli immensi ambienti dell’Hangar accolgono la riproduzione di più scorci dello studio di Roth, eternato in forma di fluida opera d’arte. Lo spazio esula da una possibile tetra e fredda museificazione, diventando luogo da vivere, toccare, annusare. Partendo dal bancone dell’Economy Bar , realmente in servizio, accogliente calembour di suoni ed emozioni che introduce con immediatezza all’universo onnivoro di un artista travolgente.
Prima esposizione pubblica per la serie completa dei Piccadillies , stampe sperimentali ideate alla fine degli Anni Sessanta, pendant alla straordinaria enciclopedia fotografica che racconta attraverso 30mila diapositive l’amata Islanda, patria d’elezione di Roth. A conferma di un gusto per l’accumulo, l’archiviazione, la conservazione, che trasforma ogni singolo oggetto nell’ingranaggio di una spettacolare macchina scenica. Fascinoso teatro della natura.
Non è un caso che la mostra viva grazie al lavoro del figlio Bjӧrn e dei nipoti Einar e Oddur. L’arte di Roth non conosce la fatidica ultima pennellata: è infatti indagine innamorata e stupefatta dei processi che regolano il mutare della natura, il costante cambiamento di stato, l’evoluzione. Da qui l’idea di un processo creativo che procede di generazione in generazione, quasi senza conoscere soluzione di continuità. Sfidando e battendo il concetto di eternità.