Il dito di Maurizio Cattelan a Piazza Affari? Non è arte: ma sgunz! Così Angelo Crespi, che nel suo “Ars Attack” mette alla berlina i meccanismi del contemporaneo. Con un pamphlet venato di feroce sarcasmo
Cos’è arte? La Cappella Sistina, ovviamente. Ma anche le raffinatissime ed eleganti forme della statuaria classica, miracolosamente giunte fino ai giorni nostri; e ancora Bramante e Caravaggio, esempi sublimi e inarrivabili. Davvero tali? Perché a rigor di logica ed etichetta è arte anche la Merda d’artista di Piero Manzoni e, sempre per restare nel ramo delle deiezioni, pure quella fotografata da Andres Serrano o monumentalizzata da Paul McCarthy.
Fragilissimo il limite tra bello e brutto, eterna diatriba attorno ad un’estetica oggi messa in discussione in modo radicale, estremo, forse definitivo. A delimitare una nuova linea di confine, con caustica ironia, è Angelo Crespi, già editorialista per le pagine culturali de “Il Foglio” e “Il Giornale”, oggi autorevole firma del “Corriere della Sera”. Che pubblica per i tipi di Johan&Levi il suo sarcastico Ars Attack.
Per Crespi si potrebbe sgombrare il campo dalle sterili provocazioni, dall’insistito ricorso all’épater le bourgeois operando una semplice ma radicale rivoluzione lessicale. Chiamando arte ciò che veramente è tale. Bollando il resto con il termine sgunz , neologismo che vuol dire tutto e niente, rispecchiando quindi in modo implicito l’apparente insensatezza di un’arte che si muove seguendo regole spesso incomprensibili i più.
In realtà, nella divertita metafora dello sgunz e dei suoi sgunzatori , Crespi nasconde una critica sagace e argomentata ai meccanismi dell’art-system. Tra galleristi senza scrupoli e mercanti di illusioni, artisti asserviti al mercato e scientemente privati del proprio ruolo magico di poeti, autentiche speculazioni finanziarie capaci di muovere, in nome di un’arte che dunque non è più tale, ingenti capitali. Tradendo così il Bello. E chi lo ama.